"La bestia umana" di Émile Zola

Quale miglior prova delle teorie deterministiche che un vero e proprio “romanzo dimostrativo”? Ecco il nucleo vincente della “magia spuria” contenuta nella narrazione netta e priva di fronzoli di Zola . Con “La Bestia Umana” , diciassettesima cima, appartenente proprio a quel ciclo dei Rougon-Macquart , che, non a caso, vanta l’evocativo sottotitolo di “storia naturale e sociale di una famiglia sotto il Secondo Impero”, si mette in scena un nuovo capitolo di quel singolare miscuglio di crudezza e disincanto che è all’origine dell’indimenticabile sortilegio dello stile naturalista, ripetutosi innumerevoli volte nell’inventiva dello scrittore. Abusi, vili questioni di denaro, sospetti di avvelenamento, omicidi, relazioni violente ed umilianti fin nel seno delle famiglie stesse, fanno da cornice alla vicenda di Jacques Lantier, macchinista della linea Parigi-Le Havre, che intrattiene una relazione personale dai “tratti quasi amorosi” con la locomotiva che conduce. Lei che è allo stesso tempo, ferroso simbolo di progresso e femminile amante, ma anche sbuffante e tirannica custode delle ragioni della modernità e del progresso, che accoglie e divora i binari che solca. La speranza ed il desiderio di riscatto non sono assenti da una storia “tremendamente umana”, che evolve per azioni di individui che non possono ricordare

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