L’Arabo, di Antoine Audouard

Un Arabo arriva in un paese senza nome del Sud della Francia, una provincia popolare, chiusa, misera, un luogo potrebbe essere benissimo una qualsiasi provincia europea. Inizia a lavorare come manovale, abita in una cantina, cerca di costruirsi una vita, senza dare noia a nessuno. Ma Mamine, la vecchia cicciona del villaggio, astiosa e razzista, individuando in lui l’invasore e la causa di ogni male che investe la sua famiglia e la sua terra, gli scatena addosso un vortice di odio e di sospetti che, alimentato dall’ignoranza in un attimo divampa, come gli incendi che martoriano il paese, con la stessa violenza. Ed è proprio Mamine il baricentro narrativo di questo libro di Antoine Audouard appena pubblicato da Isbn , è lei, con la sua ignoranza e con il suo cinismo, che rappresenta il punto più basso e incancrenito mai toccato dalla società occidentale, nata e cresciuta grazie al confronto e all’ibridazione, ma ormai incapace di reagire agli istinti primitivi di conservazione che stanno riemergendo negli ultimi anni. E l’Arabo, che non ha nome semplicemente perché nessuno lo chiama e che non agisce mai, ma subisce continuamente, è soltanto l’ultimo dei bersagli. Questo romanzo di Antoine Audouard, pur non essendo forse un capolavoro, è un libro molto potente, che colpisce il lettore come un pugno nello stomaco e che, in qualche modo, come uno specchio, riflette alcuni dei peggiori difetti di questa nostra vecchia società occidentale, sempre più chiusa in se stessa e sempre più timorosa del …

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