Quanti scrittori sono impazziti?

Si dice che gli stolti aprano cammini che poi i saggi seguiranno. O che il confine tra pazzia e genialità sia molto labile. Queste affermazioni sembrano essere molto vere nel caso degli scrittori. Secondo lo psichiatra Enrique González Duro non è una mera casualità: Ci sono troppi esempi di autori curati, rinchiusi, a cui è stata diagnosticata qualche forma di pazzia perché la relazione tra letteratura e pazzia sia casuale. È curioso notare come in molte culture il pazzo sia un individuo ispirato, privilegiato, capace di percepire e di dire quello che altri non captano. Sempre si è cercata una connessione tra pazzia e arte. L’artista, con il suo lavoro, tende a crearsi un mondo interiore che lo allontani dalla realtà e se questo processo non ritorna al mondo reale sotto forma di prodotto artistico, si corre il rischio di rimanere intrappolati in questo mondo immaginario. In un certo senso si potrebbe dire che la creazione artistica libera dalla propria pazzia. Molti mostri sacri della letteratura hanno avuto una qualche forma di “disordine”: Friedrich Hölderlin era schizofrenico, parlava continuamente con se stesso in una lingua incomprensibile e solo dopo, a sera, scriveva poesie (serene, per ironia); Percy Bysshe Shelley soffriva di frequenti attacchi di melanconia, allucinazione e sonni letargici; l’umore di Byron cambiava spessissimo; Charles Baudelaire

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