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A un sogno dal mare e nell’oblio dei monti. Dialoghi con Anna Maria Ortese, di Mauro Salvi

“Il dolore ti colpisce ai fianchi, ti smangia, ti consuma, e ti rende l’uomo, la donna che sei e che non ti resta che essere”. “Anche l’amore fa così. Lei parla del dolore ma descrive l’amore”. “Ordiniamo da bere”, disse” Erano di questo tono i dialoghi fra Anna Maria Ortese e un aspirante scrittore, Mauro Salvi, che seppe portarla fuori dalla sua dimensione, per qualche giornata, durante i suoi ultimi anni di vita. Un incontro nato con una lettera in cui Salvi le chiedeva un parere sui suoi scritti. Ortese gli rispose lasciando trapelare la devastazione della sua vita presente, chiusa in casa fra “…..” con la sorella oppressa da problemi mentali (la chiamava Trude, con lui). E Salvi la interpretò come una richiesta d’aiuto. Della donna, non della scrittrice. “Quando la conobbi, nel 1986 – racconta l’autore – Anna Maria Ortese era una donna anziana. Nel suo appartamento di via Mameli, a Rapallo, tirava avanti un’esistenza qualunque; non viveva nel presente e non rimpiangeva il passato, non si riconosceva nella ‘modernità’ ma non poteva fare a meno della città, del rumore, della gente”. Ed è una vera scoperta leggere queste pagine, per chi ha amato questa autrice, perchè Salvi riesce a compiere il miracolo: farla parlare degli stati d’animo in cui scrisse le sue opere più famose (“il Porto di Toledo è il mio libro migliore…lo scrissi in punta di piedi, come si dovrebbero scrivere i libri che valgono qualcosa”) o semplicemente dei suoi gusti in fatto di sigarette (ne fumava due pacchetti al giorno, anche di più – confessò – se scriveva. Perchè se le dimenticava accese sul posacenere). Della sua scelta di non fare bambini (“il dolore di una nuova vita si sarebbe sommato al mio dolore”), del suo rapporto con gli …

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