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"Storia di un eroe" di Franz Amato

Quello di Cori, giovane assorbito dalla dipendenza, è letteralmente un voyage en enfer , solo che non si tratta della stagione di Arthur Rimbaud , ma della storia vera e propria di un eroinomane, riletta in chiave fortemente allegorica. Un uomo completamente caduto nei meandri della perdizione, morbosamente attirato nelle spire fatali della droga, che sotto le sembianze seducenti di una donna insensibile, consuma le carni e lo spirito dell’eroe del titolo. Moderno Ulisse in lotta contro gli elementi, avanza alla cieca, assordato dal canto delle sirene e perduto in un mondo di illusioni, come quello disegnato nell’enigmatica copertina a cura di Carlo Elmo per Lalli editore . La disperazione come compagna e l’oscura forza della sostanza come sostegno, volti assurdi e deformati di un ambiente da incubo, popolato di mostri, balordi, criminali e approfittatori. La vicenda narrata da Amato è una storia di profonda disperazione, ma anche un racconto di speranza, di morte e di rinascita. Quando la crudele passione che consuma, comincia lentamente a sfumare, resta pur sempre, sofferta ma intatta, la radice del vero amore per…

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"Storia di un eroe" di Franz Amato

"Tutta la bellezza deve morire" di Luigi Pingitore

Ci voleva Giuseppe Montesano , il Montesano di quel Baudelaire “Ribelle in guanti rosa” , il Montesano della beauté éblouissante delle parole, per farmi scoprire Luigi Pingitore , e quest’ultimo per rimettermi sulla strada di Rimbaud. Il poeta che echeggia la “linea d’ombra” di Conrad, l’autore eterno i cui versi si intrecciano violentemente con le storie di Ezra e di Pier, protagonisti di “Tutta la bellezza deve morire” del suddetto Pingitore. Un libro nel quale i capitoli si susseguono senza nome, introdotti da un numero stranamente scritto per esteso. Un testo “a doppia direzione” per un unico senso, che insegue contemporaneamente le vicende di un gruppo di “post-adolescenti” e quelle di uno scultore francese sessantenne, sulle traccie dell’ultimo viaggio della figlia precocemente scomparsa, il cui nome mi è caro. Lui e Loro. Ezra e poi Francesca, “Dario, Liv, Pier e Silvia. Hanno tra i diciassette e i vent’anni ed è l’estate del millenovecentonovantasei”, tra la roccia a picco e il mare e un reticolo di frasi scolpite nel tempo. “Rifiutare non è rinunciare”, si può decidere di farlo per “troppa meraviglia”, per la paura di dover accettare l’inevitabile fine di quel lacerante splendore. Un gruppo di amici ubriachi di bellezza, nella luce accecante dell’estate sulla Costiera Amalfitana, tra il profumo intenso dei limoni e lo stordimento della vertigine. E quando, lentamente ed inesorabilmente, le loro giornate prendono una piega inaudita, come passi scalzi sulla pietra bollente, arriva l’epilogo. Tra sfide…

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"Tutta la bellezza deve morire" di Luigi Pingitore

120 anni fa moriva Arthur Rimbaud, per metà poeta, per l’altra avventuriero

Quando ce lo fanno studiare – o meglio, quando ci accennano della sua esistenza – tra i banchi di scuola, Arthur Rimbaud risulta trasformato, come tutti gli altri protagonisti della storia della letteratura, in una piatta figurina impolverata. Risultato: tanta noia e nessun ricordo sedimentato nella mente degli studenti. Eppure la sua breve vita, in particolare i suoi ultimi anni, è degna del miglior romanzo di avventura. Rimbaud, infatti, considerato – a ragione – uno dei più grandi poeti dell’Ottocento francese insieme a Verlaine e Baudelaire, per la gran parte della sua vita non si occupò di poesia, ma del suo esatto opposto: il commercio. Dopo aver smesso di scrivere all’età di 21 anni e dopo aver viaggiato per la Francia in compagnia di Verlaine, suo amante, Rimbaud, ammorbato dalla noia del mondo delle lettere e dei suoi salotti decise di mollare tutto e di partire per l’Africa. Lì, tra l’Eritrea, l’Etiopia e lo Yemen, l’ex giovane promessa della poesia francese di mette a commerciare avorio, caffè, pellame, oro, persino armi e – secondo qualcuno, addirittura schiavi. Immagine | Wikipedia

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120 anni fa moriva Arthur Rimbaud, per metà poeta, per l’altra avventuriero

120 anni fa moriva Arthur Rimbaud, per metà poeta, per l’altra avventuriero

Quando ce lo fanno studiare – o meglio, quando ci accennano della sua esistenza – tra i banchi di scuola, Arthur Rimbaud risulta trasformato, come tutti gli altri protagonisti della storia della letteratura, in una piatta figurina impolverata. Risultato: tanta noia e nessun ricordo sedimentato nella mente degli studenti. Eppure la sua breve vita, in particolare i suoi ultimi anni, è degna del miglior romanzo di avventura. Rimbaud, infatti, considerato – a ragione – uno dei più grandi poeti dell’Ottocento francese insieme a Verlaine e Baudelaire, per la gran parte della sua vita non si occupò di poesia, ma del suo esatto opposto: il commercio. Dopo aver smesso di scrivere all’età di 21 anni e dopo aver viaggiato per la Francia in

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