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La festa dell’insignificanza, di Milan Kundera

Contraddittorio e filosofico, ironico e nichilista, il titolo dell’ultimo romanzo di Kundera fa capolino come new entry tra i dieci romanzi più letti della settimana (dal 27 ottobre al 2 novembre). Apice del percorso intellettuale e creativo dell’ottantaquattranne scrittore ceco naturalizzato francese, La festa dell’insignificanza parte – come sempre nei romanzi di Kundera – da un concetto filosofico, quello ultimo e assoluto del non senso della vita. Atto estremo di sottrazione di peso, per dirla come Calvino, apice di una leggerezza – della trama e del contenuto – che cerca con un estremo sforzo di farsi meno insostenibile, La festa dell’insignificanza è una riflessione, attraverso le parole futili e digressive di una cerchia di personaggi che gironzola per le strade di Parigi, sulla bellezza e dunque il senso della vita, che risiede appunto nel suo essere insignificante. Inutilità e quindi ironia, mancanza di senso e quindi essenza della vita, sono da ricercarsi degli orrori e nelle sciagure, così come nella bellezza delle piccole cose che ci circondano. La mancanza di senso va riceracata e riconosciuta, apprezzata ed amata, per poter appagare quel bisogno umano che è quasi un vizio ineliminabile: la ricerca opprimente di un signficato, quello che rendeva insostenibile l’inevitabile leggerezza della vita, e che qui, con la formula magica secondo cui “l’insignificanza è l’essenza della vita”, sembrerebbe chiudere il cerchio. A voler dare uno sguardo d’insieme

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La festa dell’insignificanza, di Milan Kundera