Come diventare uno scrittore migliore usando twitter

Che le “reti sociali” siano un utilissimo strumento di scambio e di confronto di idee, lo sosteniamo già da tempo, ma che possano anche rendere migliori gli scrittori è una tesi, peraltro sufficientemente argomentata, e, nonostante ciò, solo in parte condivisibile. L’articolo di Amanda Cosco apparso su socialtimes.com , fa riferimento a twitter e riaccende un interrogativo già sollevato in passato (quando alla gogna mediatica c’erano gli sms). A forza di proclami modernisti inneggianti al “less is more” la Cosco non può fare a meno di chiedersi perché il “fondamentale principio” non dovrebbe applicarsi alla scrittura. […] I have a theory that Twitter – if used correctly – can actually make you a better writer. […] I’m speaking about the ways in which Twitter, by its very mechanics, can make you a better writer. Opponendosi agli oscurantisti che promulgano un’immagine degradata di twitter, specie di “leviatano promotore del declino della lingua” (inglese nel caso specifico, ma potenzialmente estendibile a tutte le altre) che persino Bill Keller , executive editor del New York Times , non esitava a chiamare in causa (a metà maggio) nel suo “The Twitter Trap” , accusandolo di partecipare “erosione progressiva” dell’abilità mnemonica attraverso le cosiddette “aggressive distractions”. Ecco pronto il panegirico dei “benefici da 140 caratteri”. Un incentivo alla concisione che gioverebbe alla qualità stessa del discorso, necessariamente spogliato dagli “inutili orpelli aggettivali”, e di conseguenza più diretto ed efficace. In fondo lo ha detto una volta Stephen King che: The road to hell is paved with adjectives. Se i nostri bambini e ragazzi non apprendono più interi poemi a memoria, non è solo a causa di twitter, il sistema scolastico si è infatti modificato profondamente (e mai abbastanza) in …

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