La mia vita in bicicletta, di Margherita Hack

“Sei per Binda o Guerra?…Questa fu la prima domanda che rivolsi ad Aldo, quando al giardino pubblico del Bobolino mi offrì di giocare con lui e i suoi amici, perchè io “avevo la palla” e potevamo fare un torneo. Allora avevo appena compiuto undici anni. Lui ne aveva tredici ed era per Guerra. Oggi io ne ho ottantanove e lui novantuno, ma giochiamo ancora insieme”. La bicicletta come punto di fuga che mette in prospettiva il mondo: detta le leggi per un mondo più ecologico, riduce la superbia dei dittatori a caricatura, ci spiega in cosa consista la giovinezza e ci mostra come forse l’essenza della vita a due sia proprio il saper divertirsi a mantenere l’equilibrio in due su una stessa bici traballante. Riesce a trasformare insomma le due ruote in una metafora della vita, questa gustosa e atipica autobiografia La mia vita in bicicletta , firmata dall’astrofisica Margherita Hack, classe 1922. Col ritmo scanzonato della sua fiorentina vitalità, pedalata dopo pedalata e di buona lena, divoriamo scattanti capitoletti in cui l’autrice ripercorre quasi un secolo di storia con gincane e carambole fra innamoramenti, affetti famigliari, passioni intellettuali e (naturalmente) escursioni all’aria aperta, sulle due ruote e spesso con al seguito gli animali di casa. C’è ad esempio il racconto dell’incontro con Aldo, conosciuto bambino e poi ritrovato per caso in età adulta (“ cominciammo la nostra storia insieme fatta di grandi litigate perchè non andavamo d’accordo né sulla religione, né sulla politica, praticamente su nulla. Ma poi pian piano iniziammo a riconoscerci nei bambini di una volta” ) la scuola vissuta al tempo del fascismo (beccò anche un richiamo per “disfattismo”), e poi la passione per la Fisica (l’iscrizione alla facoltà fu quasi casuale, e da piccola prendeva ripetizioni di matematica). Ma anche le sue concrete idee per un mondo …

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