Recensione di Expo ’58 di Jonathan Coe
Ecco la nostra recensione dell’ultima opera di Coe, l’autore britannico divenuto celebre con La Famiglia Wisnhaw; in questo libro c’è un senso di nostalgia che si può quasi toccare con mano, è la corsa alla ricerca della propria autenticità. Mentre il tempo scorre impietoso. Di Expo ‘58 vi avevamo parlato qualche settimana fa in occasione dell’ intervista a Jonathan Coe ; il decimo romanzo dell’autore originario di Birmingham è uscito a fine agosto 2013 e subito si è piazzato nei posti più alti delle classifiche di vendita italiane. La storia è ambientata in occasione dell’esposizione universale del 1958 a Bruxelles, stratagemma letterario che utilizza al meglio il simbolo delle utopie del tempo; valori di cui si parla tutt’oggi, ma in cui pochi credono veramente. Princìpi di unità universale e di fiducia nel futuro , che al momento paiono congelati nella corsa alla produttività e al profitto del mondo contemporaneo. Al centro della commedia, una sorta di Intrigo Internazionale disegnato sul modello del film di Hitchcock , c’è Thomas Foley; un uomo in his thirties dalla vita preimpostata, con un lavoro sicuro, e la famigliola che lo aspetta a casa… Peccato che nel “pastiche” tra le spie e i loschi figuri, figurino anche avvenenti hostess, con lo scompiglio sentimentale che tipicamente ne deriva, soprattutto in una vita di noia e di recita perpetue. Ecco l’incipit: In una nota datata 3 giugno 1954, l’ambasciatore del Belgio a Londra trasmetteva un invito al governo di Sua Maestà britannica: un invito a partecipare a una nuova Fiera mondiale che i belgi chiamavano l’”Exposition Universelle et Internationale de Bruxelles 1958″. Cinque mesi dopo, il 24 novembre 1954, l’accettazione formale dell’invito da parte del governo di Sua Maestà fu presentata all’ambasciatore, in occasione di una visita a Londra del barone Moens de Fernig, nominato dal governo belga commissario generale con l’incarico di occuparsi del lavoro di organizzazione dell’Expo. Sarebbe stato il primo…
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