Stanislas Rodanski il poeta surrealista di Néon

Ventisette sono gli anni che il poeta Stanislas Rodanski trascorse tra i muri del manicomio di Villejuif , poco meno di tre decenni immersi nelle mura strette e nei corridoi brucianti di grida e di dolore. E, ironia della sorte, in quello stesso luogo era stato condotto, proprio all’età di ventisette anni, dalla sua stessa famiglia. Fu lui, scrittore errante, dalla scarsa fortuna in vita, a suggerire il nome per la rivista dei surrealisti. Il 21 giugno 1947, tra i tavolini del café de la place Blanche, durante la riunione che segnò l’inizio del “rinascimento del surrealismo” e la creazione della sua nuova rivista, disse di chiamarla “Néon”, e la definizione fu accettata come un segno. Ma di lui ci restano soprattutto le ombre, una vera e propria “corte di spettri” che popolano i suoi scritti di un fascino sconcertante e, a tratti, inquietante. “Gli intimi mi chiamano Stan, i familiari Bernard, gli indifferenti Rodanski e i poliziotti Glücksmann”, scriveva nel suo ultimo diario tenuto dall’artista Jacques Hérold . Parole alle quali si uniscono quelle dedicate alla riflessione sul suo stesso lavoro. Non si tratta di creare un’opera, ma di affermare un atto di presenza nei confronti di me stesso, il solo atto di fede di cui sia capace. Un atto di fiducia che sia come l’amore: con l’ombra e la preda fuse in un unico fulmine nel quale, la vita e la morte, la ragione la follia, il sogno e la veglia, l’alto e i basso, cessano di essere percepiti differentemente. Un’illuminazione unica, il punto del giorno che cerco appassionatamente di determinare. Via | stanislas-rodanski.blogspot.it Stanislas Rodanski il poeta surrealista di Néon

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