La nascita del libro stampato: l’esperto professore Pettegree ci parla dei suoi studi in merito
In un’intervista sul Boston Globe , si parla della nascita del libro stampato e delle problematiche che ne scaturirono. A guidarci in questo tuffo indietro nel tempo il professore Andrew Pettegree, autore del libro “Il libro nel Rinascimento”, storia della nascita della stampa. Il primo riferimento è naturalmente Johann Gutenberg, che intorno al 1450, iniziò i primi esperimenti di stampa con caratteri mobili cimentandosi con piccoli libri come la Grammatica di Donato. Quindi, si impegnò a realizzare l’ambizioso progetto della Bibbia a 42 linee. Era il primo libro stampato con caratteri mobili e aveva 42 righe per pagina, il successo fu immenso ma tutto il progetto fu tremendamente costoso. A quel tempo la gente non aveva l’abitudine di spendere denaro per l’acquisto di libri; i pochi che giravano erano manoscritti e se qualcuno desiderava una copia di qualche testo, doveva ordinarla. E poi, per coloro che possedevano libri, quelli vergati a mano erano più interessanti, offrendo colorate miniature e decorazioni, che i primi libri stampati nella loro monotona monocromia, non potevano vantare. E allora, come per l’iPad adesso, fiorì tutta una serie di domande realtive al potenziale di questo nuovo oggetto, il libro stampato. Il professor Pettegree ha studiato attentamente la questione, e ci rivela che dal principio…
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– "Riflessioni sul Senso della Vita" intervista a Paola Giovetti
Nella rubrica di Ivo Nardi: “Riflessioni sul Senso della Vita” intervista a Paola Giovetti – Scrittrice e giornalista, ha pubblicato una trentina di saggi su tematiche esoteriche e spirituali. Ha partecipato a programmi radiofonici e televisivi e collabora a testate nazionali e al mensile “Il Giornale dei Misteri”.
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John Brockman: Einstein secondo me
Bollati Boringhieri pubblica il volumetto Einstein secondo me , che mi ha colpito per curatore, John Brockman. Se il nome vi è sconosciuto, fate un salto su Edge.org , il forum dove da anni Brockman stimola la discussione tra le menti più acute del mondo scientifico. E’ famosa la domanda che ogni anno pone a questa élite, che risponde con una straordinaria visione collettiva dalla prospettiva di chi vede da vicino il nostro futuro. Tornando a noi, dal volume in uscita rubiamo per voi in anteprima un passaggio dell’introduzione di Brockman, gentilmente concessa dall’editore. Leggete nel seguito questo bello scorcio di vita americana. E per me? Chi è Einstein? Ricordo il momento in cui seppi della sua morte. Mi arrestai bruscamente davanti al titolo di un giornale in un’edicola nella metropolitana di Boston. Avevo quattordici anni. Fu un attimo devastante, in cui provai autentico dolore e senso di perdita. A quei tempi la mia famiglia si era già trasferita nella relativa pace e tranquillità dei quartieri residenziali, ma per i primi dieci anni di vita avevo dovuto imparare tattiche di sopravvivenza nell’«altra» Boston, a chilometri di distanza dalle eleganti barche a vela sul fiume Charles, la cupola d’oro brillante della State House su Beacon Hill, la bellezza serafica di Harvard, l’architettura audace del MIT. Crebbi a Dorchester negli anni quaranta. Era un quartiere duro, difficile, in cui, prima della Seconda guerra mondiale, padre Charles E. Coughlin, il famigerato «Radio Priest», sguinzagliava dei camioncini per le strade a diffondere le sue prediche antisemite. Quella campagna aveva contribuito a trasformare Dorchester in un terreno di battaglia tra i ragazzini irlandesi e quelli ebrei, in forte minoranza. I tre isolati che dovevamo percorrere a piedi per recarci alla William E. Endicott School su Blue Hill Avenue erano una corsa a ostacoli quotidiana. Mio fratello Philip, che aveva tre anni più di me, doveva difendersi e proteggere anche me. La sensazione di vulnerabilità era acuita…
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