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L’Italia s’è mesta, di Mariano Sabatini

“Non so cosa abbiate nell’anima ma date a vedere che siete felici, ridete, vivete con leggerezza…almeno in apparenza” Mariano Sabatini, per questo suo L’Italia s’è mesta, edito da Giulio Perrone, riesce a fare un bel ritratto del nostro Paese visto dai giornalisti stranieri che ne scrivono, da anni, per le loro testate. Sabatini ha chiesto ai corrispondenti dall’Italia di El Mundo, Figaro, Financial Times, Frankfurter Allgemeine Zeitung e moltre altre, di raccontargli, spiega, “qual è stata la prima impressione che hanno avuto arrivando in Italia, come ci vivono, quali motivi di entusiasmo o di scontento li animano”, oltre ovviamente a un parere sulla politica italiana, come in una sorta di ‘intervista’ collettiva. Ovvero, chiede loro l’autore, “Moriremo Berlusconiani?”, oppure, “C’è da fidarsi del compagno Fini?”, come da titolo di altrettanti capitoli. Senza considerare altre questioni come quella delle ingerenze della Chiesa nella politica italiana, e del ruolo delle donne come propulsori della crescita del Paese. Consapevoli che, come scriveva Montanelli, “la patria la si difende discutendola”: anche perchè, continua Sabatini, a volte come “per la pittura impressionista, composta da tocchi e macchie, serve fare due o tre passi indietro per avere una migliore visione d’insieme”. Fra le firme interpellate c’è la francese Marcelle Padovani, a cui Giovanni Falcone affidò le sue memorie nel libro-intervista Cose di Cosa…

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L’Italia s’è mesta, di Mariano Sabatini

Taccuino di letture estive: frasi che rimangono

Ecco un modo per raccontare le letture di un’estate: annotando frasi che ci hanno arpionato il cuore come àmi, come direbbe Sylvia Plath, o che ci piace ogni tanto rigirarci in bocca, e assaporarne il succo come noccioli di olive, per dirla alla Erri de Luca. E allora, condivido un po’ del mio taccuino, con le belle frasi di De Luca nel ‘Peso della farfalla’: “D’estate le stelle cadevano a briciole, ardevano in volo spegnendosi sui prati”, oppure “In ogni specie sono i solitari a tentare esperienze nuove…dietro di loro la traccia aperta si richiude”. Mi è piaciuto anche un giudizio di Harry Bosch in “Musica dura” di Connelly, ovvero “dopo aver visto il film si rese conto che quell’attrice non avrebbe saputo recitare neanche per salvarsi la vita”. E sapete che in Afghanistan c’è una curiosa espressione per dire che “si è molto stanchi”? Si dice “sbattuti come una polpetta”. Me l’ha insegnato Viaggio di Nozze a Teheran: è perchè le polpette vendute come cibo di strada vengono battute e ribattute dai venditori ambulanti. E si può essere, infine, donne ‘forti’ anche se estremamente emotive. E’ qualcosa che dice la protagonista della Parrucchiera di Kabul, e la frase mi ha colpito. E voi? Condividete con me i vostri ‘taccuini’. Taccuino di letture estive: frasi che rimangono

La parrucchiera di Kabul, di Deborah Rodriguez

E’ un personaggio che mi piacerebbe davvero conoscere, la protagonista di La parrucchiera di Kabul. Ed in effetti lei, Deborah Rodriguez, esiste davvero. Abbigliamento e colore di capelli vistoso, trucco eccessivo, di carattere ma emotiva, dice lei. L’autrice racconta una piccola ‘rivoluzione’ condotta in Afghanistan, dove arrivò per la prima volta insieme a dei volontari di un’associazione: saputo che era parrucchiera in America, tutti gli stranieri residenti a Kabul le chiesero di poter usufruire dei suoi tagli e dei suoi trattamenti. A Kabul infatti c’è un solo parrucchiere, fatiscente e con le vetrine rotte: allestire un salone non è affatto facile, sempre con lo spauracchio delle accuse di essere in realtà ‘covi’ di prostitute, e quindi facile bersaglio delle ire dei talebani. A loro i negozi di parrucchieri non piaccionoperchè lì le donne

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La parrucchiera di Kabul, di Deborah Rodriguez

Nel mare ci sono i coccodrilli, di Fabio Geda

Ci avrei dovuto mettere di più, a leggere la storia di Enaiatollah Akbari. E’ che io sono fatta così: quando le ’storie’ mi appassionano le butto giù, tutto d’un fiato. Invece la vita di Enaiatollah, raccontata da Fabio Geda in “Nel mare ci sono i coccodrilli” (Baldini Castoldi Dalai), avrebbe avuto bisogno di essere sorbita, lentamente. Il fatto è che il racconto mette sete, e tanta. Perchè si tratta di una storia che è sudore, lacrime, botte, affetto, scritta nella carne di un ragazzo afghano in fuga dal suo paese verso un posto in cui possa sentirsi a casa. Ovvero un posto da cui non gli venga più voglia di fuggire. Enaiatollah che ha dieci anni, circa, quando un mattino al risveglio scopre che la madre è andata …

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Nel mare ci sono i coccodrilli, di Fabio Geda