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Contro il fanatismo di Amos Oz

Nonostante la sua leggibilità, “ Contro il fanatismo ” di Amos Oz (Feltrinelli, 78 pagine, 4,50 euro) non è un libro semplice. Non lo è innanzitutto perché lo scrittore israeliano affronta in modo diretto una questione spinosa, la guerra tra Israele e Palestina; e non lo è perché spesso sono proprio gli europei (ma non solo) a essere soggetti alle critiche di Oz. In questo libro, che raccoglie tre letture svolte da Oz a Tubinga, c’è una frase, che vi voglio riportare, che a mio parere condensa una grande verità, qualunque sia il conflitto che ci sta a cuore. La tragedia di quelle terre: Non è una storia nero su bianco. Non è un film western, e nemmeno un western capovolto. Benché qui in Europa molto spesso, davvero molto spesso, incontro persone impazienti, sempre ansiose di sapere per ogni storia, per ogni scontro, chi siano i “buoni” e chi i “cattivi” (trad. di Elena Lowenthal) Questo, secondo me, è il più grande insegnamento di un libro che, nonostante sia stato scritto nel 2001, conserva purtroppo la sua attualità. Amos Oz offre la sua personale soluzione ideale al conflitto, che è sintetizzata in una parola: compromesso, perché “dove c’è vita ci sono compromessi”, e dove non ci sono compromessi c’è solo fanatismo. Ecco l’origine di questo male. E anche se non spetta ad Amos Oz di sobbarcarsi l’incarico di risolvere questo conflitto , lo scritto israeliano una sua personale soluzione la dà, e ancora una volta all’insegna del compromesso: “gli israeliani dovrebbero rinunciare alla maggior parte degli insediamenti,

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