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Qualche appunto su Ezra Pound nell’anniversario della sua nascita

Tra oggi e dopodomani ricorrono la nascita e la morte di Ezra Pound, il che vuol dire che sto per mettermi in un bel ginepraio. Ma mi ci infilo volentieri. Come Louis Ferdinand Céline, Knut Hamsun e altri, Ezra Pound, «il miglior fabbro» per Thomas Stearns Eliot, sconta postmortem una detenzione ideologica forse ancor più dura della detenzione fisica che subì in vita, una detenzione che ancora oggi impedisce di indagare criticamente il suo pensiero. Pound paga infatti ancora molto care le sue posizioni in difesa del fascismo italiano, nonché la recente appropriazione – indebita – del neofascismo sociale italiano, di CasaPound per intenderci. E’ sempre la stessa storia: quando uno scrittore viene utilizzato come una bandiera che deve soffiare da una parte o dall’altra si finisce sempre col vederlo storpiato e adeguato a questa o a quella ideologia assistendo, va da sé, al sempre brutto spettacolo dell’idiozia. La dimensione del pensiero politico, economico e morale di Ezra Pound è altamente complessa ed è proprio questa complessità a fare sì che ogni tentativo di semplificazione intellettuale la disinneschi e la uccida. Con queste poche e certamente inadeguate righe mi piacerebbe riavvicinare Pound ai suoi lettori elettivi, vale a dire tutti noi figli della modernità. E per farlo bisogna per forza cercare di liberarlo dalle catene ideologiche di chi non ha alcun interesse a rileggere criticamente la sua opera, ma che ne ha bisogno semplicemente come icona, idolo lontano da mitizzare. Rileggere un’intervista rilasciata al Corriere della Sera più di un anno fa da Mary de Rachewiltz, la figlia del poeta, per esempio, è il primo passo per intravedere in Pound qualcosa di più del traditore dell’America e dell’apologeta di Mussolini e di Hitler. Quello che si intravede è un personaggio turbolento, complesso e tormentato. Tre caratteristiche che ci impongono di bypassare la visione semplicistica che tentano di…

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Cinque consigli a un giovane scrittore da Haruki Murakami

Probabilmente molti di voi avranno già provato, ma se cercate su google la stringa “Scuole di scrittura creativa” vi ritrovate di fronte a una lista di unmilionequattrocentosessantamila risultati, 1.460.000, per dirlo a numeri, che forse fa più impressione. Scuola Omero, Scuola Holden, Giulio Mozzi, Raul Montanari, Gotham Writers, Lanterna Magica, sono questi i nomi che riempiono la prima delle n pagine di risultati (con n tendente all’infinito). Le scuole di scrittura creativa, insomma, vanno alla grande. Un po’ perché sono il metodo principale che molti scrittori hanno per tirare a campare, un po’ perché al mondo tutti vogliono fare gli scrittori e nessuno ha abbastanza tempo, costanza, ostinazione e ossessioni per diventarlo da solo. Ma se pensate che questa sia una dinamica prettamente contemporanea, prendereste una gran cantonata. Scriveva infatti Leopardi nel pensiero XX, parlando del vizio di ammorbare il prossimo leggendo i propri componimenti: oggi, che il comporre è di tutti, e che la cosa più difficile è trovare uno che non sia autore, è divenuto [il suddetto vizio] un flagello, una calamità pubblica, e una nuova tribolazione della vita umana. Bene, appurato che il voler essere tutti scrittori non è questione contemporanea, veniamo al sodo. E’ parere di alcuni dei più grandi scrittori del Novecento che le scuole di scrittura creativa siano utili tutt’al più per fare nuove conoscenze, non certo per imparare a scrivere. In un’intervista che facemmo qualche anno fa a Michele Mari, proprio su questa questione ci disse: “Prima passate tutta l’infanzia e tutta l’adolescenza a leggere la letteratura di mezzo mondo e poi vedete se vi viene voglia di entrare nello stesso arengo e cimentarvi con…

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Cinque consigli a un giovane scrittore da Haruki Murakami

5 anni fa hanno ucciso Anna Politkovskaja. Evviva Anna Politkovskaja!

Il giornalismo è una professione pericolosa, lo si sa. Soprattutto se lo si vuole fare bene, se si è mossi da uno spirito libero, da una onestà intellettuale inattaccabile e da un odio inveterato contro i soprusi e le ingiustizie del potere o di chi ne fa le veci. Anna Politkovskaja , giornalista e scrittrice, questo lo sapeva molto bene. Sapeva di rischiare la vita facendo quello che amava, come sapeva di far rischiare la vita anche ai suoi contatti, in Cecenia come a Mosca. C’è una frase che Anna scrisse un paio d’anni prima della propria morte che da l’idea delle esatte dimensioni di questa sua consapevolezza: Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano. Infatti, una persona può perfino essere uccisa semplicemente per avermi dato una informazione. Non sono la sola ad essere in pericolo e ho esempi che lo possono provare Eppure la giornalista russa ha sempre cercato di non arretrare di un passo, malgrado le minacce che riceveva continuamente dal potere e dai suoi scagnozzi. Perché Anna Politkovskaja, come molti altri giornalisti in tutto il mondo, dava fastidio al suo paese, alla Russia. Invece di essere il fiore all’occhiello della società era una reietta. E’ lei stessa che lo dice, in un articolo pubblicato dopo la sua morte: Sono una reietta. È questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all’estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa né alle iniziative in cui è prevista …

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Banned Books Week: la mappa dei libri sotto accusa e i dieci libri più censurati del 2010

Vi ho già accennato qualche giorno fa dell’esistenza, negli States, della settimana dei libri proibiti, la Banned Books Week , una settimana dedicata alla sensibilizzazione del pubblico su un problema tanto assurdo quanto, nostro malgrado, ancora molto reale, quello della censura dei libri di narrativa accusati di attacchi alla morale o ai precetti della Bibbia. Per rendersi conto di quanto sia grottesco e diffuso il problema vi segnalo due interessanti fonti di informazione. La prima è una bella infografica relativa alla top10 dei libri bannati in USA , pubblicata dall’Huffington Post. Una carrellata di titoli che molti di noi hanno letto e amato, da Brave new world di Aldous Huxley fino alla saga di Twilight, che ci fanno percepire in un attimo la trasversalità e l’assurdità di questa piaga. L’altra risorse che vi segnalo è la mappa dei libri censurati , una semplice googlemap degli Stati Uniti tappezzata di puntine che segnalano ogni libro “challenged” negli States, vale a dire colpito da una a caso delle fantasiose e incredibili accuse che colpiscono centinaia di volumi ogni anno, da quelle relative al linguaggio a quelle relative ai riferimenti sessuali o religiosi. Insomma, un bel modo, anche questo, di rendersi conto di quanto sia diffusa e trasversale la tendenza moralizzante negli States. Banned Books Week: la mappa dei libri sotto

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