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La bisaccia del giornalista, di Fausto Pellegrini

La bisaccia del giornalista di Fausto Pellegrini è un libro contro e, al contempo, è un libro per . Un libro contro l’indifferenza, come scrive l’autore stesso nell’introduzione, e “contro il feticcio di una presunta obiettività del giornalista che, di solito, maschera l’adesione al pensiero dominante”. Ma è anche un libro che batte i sentieri della speranza, dal momento che è un testo per una “informazione che smetta di essere forte coi deboli e debole coi forti” per uscire dai palazzi e “camminare domandando”. Si tratta, in ultima analisi, di una sorta di vademecum ragionato per poter capire un po’ i meccanismi dell’informazione e, soprattutto, saper discernere quale sia l’informazione necessaria per questo nostro secolo. Il saggio è articolato in cinque capitoli ( Cattiva maestra informazione ; Un integrato apocalittico ; L’informazione al tempo di Internet ; L’etica necessaria ; Il ruolo del servizio pubblico ), in una introduzione e conclusione, oltre a una prefazione di Pietro Ingrao che indica il fulcro di tutto il libro nella “domanda sull’essere umano”. Di tutto il saggio, mi soffermo su una parte che considero importante, non solo nel campo del giornalismo. Nel capitolo quarto – L’etica necessaria – si affronta anche il problema dell’uso delle parole e della lingua. Scrive l’autore: La lingua è un mezzo per plasmare le menti del pubblico ascoltatore. È uno strumento di omologazione del sentire comune, di orientamento delle coscienze, di trasmissione di convinzioni e atteggiamenti mentali con lo scopo di farli assumere da altri, inconsapevolmente. La lingua, insomma, “poeta e pensa per te”, come diceva efficacemente lo scrittore Friedrich Schiller. E…

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