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Pablo Neruda, tre sue poesie per ricordarlo nell’anniversario della morte

Quarant’anni or sono moriva Pablo Neruda : era il 23 settembre 1973. Due anni prima, Neruda aveva vinto il premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: per una poesia che con l’azione di una forza elementare porta vivo il destino ed i sogni del continente Nel Memoriale di Isla Negra (1964), il poeta descrive quel fondamentale momento che è la vita di un poeta e cioè la folgorazione dell’essere cercati dalla poesia. Scrive Pablo Neruda: Accadde in quell’età… La poesia venne a cercarmi. Non so da dove sia uscita, da inverno o fiume. Non so come né quando, no, non erano voci, non erano parole né silenzio, ma da una strada mi chiamava, dai rami della notte, bruscamente fra…

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Nell’anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini (1975)

Commemorare Pier Paolo Pasolini apre nella coscienza una ferita che inevitabilmente gli anni non hanno potuto e saputo rimarginare. La distanza temporale è un fatto inequivocabile, ma il permanere dei mali contro i quali Pasolini si impegnò con passione, rendono le minuziose analisi, le accuse, le richieste di giustizia ancora laceranti. Ricordandone la morte, Eduardo De Filippo ebbe a dire che Pasolini era un uomo di grande sensibilità e innocenza, quasi una presenza angelica, libera dai condizionamenti terreni che impongono compromessi e accomodamenti e, al contrario, rivolto verso un mondo fatto di giustizia e umanità liberata dal condizionamento pesante del consumismo efferato che già in quegli anni manipolava pesantemente la società italiana fresca di boom economico e famelica di benessere, preteso, vissuto, ostentato. I mercati che tutto possono erano già presenti nelle analisi di Pasolini: un mercato estraneo dall’umanità e dal quotidiano e votato alla creazione di bisogni fittizi su cui costruire e con cui condizionare la società. I conniventi, i vari governi democristiani del tempo sono chiamati in causa per aver permesso il sacco dell’Italia, della scuola italiana, del territorio e di tutte quelle attività sociali che avrebbero creato un più consapevole consenso verso le istituzioni. Dice esplicitamente Pasolini che molti governanti andrebbero “trascinati sul banco degli imputati e accusati di una quantità sterminata di reati: indegnità, disprezzo per i cittadini, manipolazione di denaro pubblico”. E desolatamente tutto si ripete. Ma l’Italia

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Giovanni Pascoli nel centenario della morte

Cent’anni fa, il 6 aprile 1912, moriva a Bologna Giovanni Pascoli , il primo grande poeta italiano contemporaneo. Aveva cinquantasette anni. Come si è soliti dire, Giovanni Pascoli o si ama o si odia, non ci sono mezze misure. Del resto, bisogna ammetterlo, il suo modo di vedere la realtà, con la valorizzazione del particolare e del quotidiano, si scontra con un certo tipo di insegnamento scolastico che, facendo imparare a memoria le sue poesie, le trasforma in una sorta di stucchevoli filastrocche per lo più noiose e, per molti, senza senso. Di Giovanni Pascoli ebbe a scrivere il critico letterario Cesare Garboli: Entrare nell’orizzonte pascoliano, senza esserne complici, è un’esperienza simile a una tortura; ma, una volta entrati, fatto il primo passo, chiudere l’argomento e tagliare la corda è impossibile: le viscere pascoliane non hanno fine, perché non hanno forma. Per provare a essere un po’ complici del Pascoli, e per celebrare il “poeta vate” nel centenario della morte, vi riportiamo una sua poesia: Ultimo sogno , che chiude la raccolta Myricae . Da un immoto fragor di carrïaggi ferrei, moventi verso l’infinito tra schiocchi acuti e fremiti

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