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Sacré Bleu, di Christopher Moore

I motivi che ci spingono a leggere un libro piuttosto che un altro sono vari: siamo influenzati dal genere, dall’autore, dalle recensioni che abbiamo letto, dalla copertina, dal prezzo, dal gusto personale. E mille altre ragioni. Personalmente sono attratto da quei libri in cui l’autore (o l’autrice, sia chiaro) ci fa capire un po’ come ha costruito il testo stesso mostrandoci qualche cosa del suo mondo fatto di parole che poi troviamo sulla pagina del libro. È stato questo uno dei motivi che mi ha fatto apprezzare il romanzo Sacré Bleu di Christopher Moore . Moore si lascia leggere e questo è un dato di fatto, soprattutto se ci si fa prendere la mano dal suo fine umorismo (un esempio al volo tratto da Sacré Bleu: si parla di san Dionigi, primo vescovo di Parigi, decapitato che “compì il suo ultimo miracolo canonico sollevando da terra la propria testa mozzata e portandola nel punto esatto in cui si trovava Lucien, guardando la sua città per un’ultima volta e pensando: Sapete cosa ci starebbe bene? Una grossa, scheletrica torre di ferro. Scusate, devo aver perso la testa. Ahi ”). La storia che racconta in Sacré Blue è una rivisitazione della storia dell’arte della Parigi fin de siècle e dell’impressionismo: e anche questo ha il suo innegabile fascino. Ma ho amato questo libro soprattutto a partire dalla fine, dalla postfazione in cui Moore ci spiega come ha messo in piedi il romanzo, quali scelte ha fatto e perché le ha compiute. Poter entrare nella testa di un romanziere e capire perché ha optato per una o per l’altra descrizione per me è il massimo. Soprattutto se il titolo della prefazione è Ecco, ci hai rovinato anche l’arte : Lo so cosa pensate: “Be’, Chris, tante grazie, ci hai rovinato anche la storia dell’arte”. Prego. Piacere mio. All’inizio volevo soltanto scrivere un romanzo che parlasse del blu; non ricordo più neanche il perché. Quando parti da un’idea …

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Sacré Bleu, di Christopher Moore

Le nostre assenze, di Sacha Naspini

Una storia che ti scava dentro quella narrata da Sacha Naspini nel romanzo Le nostre assenze , pubblicato da Elliot . Scava dentro ai protagonisti e dentro al lettore. Scava perché narra di solitudini e di assenze, come recita il titolo, e di situazioni che, in un modo o nell’altro, hanno il sapore della quotidianità. Dalla morte fisica del nonno a quella intima della nonna che vive di ricordi rammentando una storia d’amore di quarant’anni prima. Dall’abissale solitudine e lontananza tra genitori all’incomunicabilità con il figlio. Dagli amori che finiscono alle (pseudo) amicizie tenute in piedi per una sorta di convenienza. Le nostre assenze racconta la vita di un ragazzo che si trova ad affrontare tutte le situazioni sopra descritte e, in alcuni casi, a esserne l’artefice. Ambientata in Toscana la vicenda ci mette dinanzi agli occhi il nascere e lo svilupparsi di una vendetta, prima in maniera inconscia poi via via sempre più consapevole e studiata. Sacha Naspini descrive con bravura e precisione chirurgica quello che si agita nel…

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Le nostre assenze, di Sacha Naspini

L’effetto Pinocchio, di Suzanne Stewart-Steinberg

C’è un periodo storico della nostra storia patria che è poco analizzato: quello che va dal 1861 al 1922. Non sono due date a caso, ma due momenti importanti per lo Stivale: l’unità d’Italia, la prima data, e l’ascesa del fascismo, la seconda. Si tratta di un periodo che potremmo definire mitico, in quanto in questi anni si costituisce il (fragile) assetto politico alla ricerca di una cultura per l’Italia unita. Sono proprio questi anni che Suzanne Stewart-Steinberg – docente di letteratura comparata (con particolare interesse per la politica e la letteratura italiane e tedesche nel XIX e XX secolo) presso la Brown University (Providence, Rhode Island, USA) – scandaglia nel suo poderoso saggio L’effetto Pinocchio. Italia 1861-1922 . La costruzione di una complessa modernità , tradotto in italiano …

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Noi siamo il nostro cervello, di Dick Swaab

Cosa ti dice il cervello? È questo il titolo di una serie di documentari andati in onda non molto tempo fa sulla piattaforma Sky. I documentari – attraverso mille esempi e giochini da fare anche da casa – mostravano la bellezza e la complessità del nostro cervello e fornivano spiegazioni su questo o quell’aspetto del suo funzionamento. Se il mondo del cervello vi affascina e volete approfondire alcuni aspetti, senza tuttavia perdervi nei meandri di spiegazioni troppo scientifiche, allora il libro di Dick Swab fa per voi. Noi siamo il nostro cervello . Come pensiamo, soffriamo e amiamo è un volume di poco meno di cinquecento pagine, pubblicato in Italia per i tipi di Elliot che “svela tutte le scoperte sul cervello degli ultimi quarant’anni”, come leggiamo nella fascetta promozionale allegata al libro stesso. Il percorso del libro è, ovviamente, molto ampio e segue le varie fasi del nostro cervello dallo “sviluppo, nascita e cure parentali” fino alla morte e oltre, con un capitolo finale – il ventunesimo – sull’evoluzione. Disck Swaab, da luminare quale è, ci presenta vari aspetti del “come” funziona il cervello, del “perché” fa alcune cose e del “percome” non ne fa altre. Affronta questioni che tutti, bene o male, ci siamo chiesti più di una volta (il feto prova dolore? Perché ci sono così tante persone religiose?) ma anche illustra, con serietà e competenza, le varie “malattie”: dalla BIID (Body Integrity Identity Disorder) che porta le persone a considerare estranea a sé una parte del proprio corpo (un braccio, una gamba), alla sindrome di Prader-Willi (malattia rara che porta i ragazzi a uccidersi letteralmente di cibo), all’autismo, alla schizofrenia; ma anche questioni riguardanti il cervello e lo sport, il cervello e il sesso e così via. Veniamo al mondo con un cervello reso unico dalla combinazione del patrimonio genetico e della programmazione che avviene durante lo sviluppo all’interno dell’utero e nel quale sono già fissati in misura rilevante i nostri tratti caratteriali, i nostri talenti e…

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Noi siamo il nostro cervello, di Dick Swaab