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"Tu che te ne andrai ovunque" di Ilaria Rossetti

Lodigiana, classe 1987, già vincitrice dei premi Subway (2006), Campiello Giovani (2007) per la La leggerezza del rumore , LOGOS indetto della Giulio Perrone Editore (2008). Ilaria Rossetti è ben più che un talento emergente della narrativa italiana contemporanea, è una voce chiara e distinta della sua generazione, ma anche un amo che analizza il dialogo mancato con quella precedente. La sua scrittura è densa come il fumo di una Milano affogata nel calore di vapori pestilenziali, densa come il muro di note che sprigiona il violino di Eva, come l’intensità delle parole delle sue lettere d’amore. Densa come la vita complicata di Argo, falso prete e vero venditore di cd alla ricerca di se stesso. Densa come l’acqua che bagna il paesino della Liguria e nella quale Nicola immagina di rimettere i piedi quando guarda fuori della finestra della classe nella quale insegna italiano. E’ giovane Nicola, ma ciò non gli impedisce essere anni luce dal prototipo del “giovane professore idealista” e i suoi studenti lo scopriranno respirando fumo di libro, osservando una scena che hanno sognato mille volte, ma che sicuramente non immaginavano di vedere. Dall’incipit: Tutti tacevano. – Avete da accendere? – chiesi sorridendo. Dopo qualche istante di smarrimento, qualcuno mi lanciò un accendino. – Molte grazie. Diedi un ultimo sguardo a Milano che affogava nella canicola, là fuori, alla ruspa che divorava la terra secca, alle macchine in strada, al tipo con la stampella che vendeva i fiori sul marciapiede, alla bella ragazza che si sistemava il reggiseno convinta che nessuno vedesse. Feci scattare l’accendino di fronte agli sguardi attoniti dei ragazzi. Nulla avevo, del professore idealista: c’era paura, solopaura. Fissai la fiammella per qualche istante, poi appiccai il fuoco. Bruciate, pensai. Bruciarono. Le vite scorrono velocissime, sembrano colare come l’umidità della capoluogo lombardo, tra istantanee che coinvolgono personaggi chiave, sconvolgimenti, bombe e tutto quel quotidiano tran tran che si sussegue tra le linee della metropolitana meneghina. Via | giulioperroneditore.it “Tu che te ne andrai ovunque” di Ilaria Rossetti…

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L’Italia s’è mesta, di Mariano Sabatini

“Non so cosa abbiate nell’anima ma date a vedere che siete felici, ridete, vivete con leggerezza…almeno in apparenza” Mariano Sabatini, per questo suo L’Italia s’è mesta, edito da Giulio Perrone, riesce a fare un bel ritratto del nostro Paese visto dai giornalisti stranieri che ne scrivono, da anni, per le loro testate. Sabatini ha chiesto ai corrispondenti dall’Italia di El Mundo, Figaro, Financial Times, Frankfurter Allgemeine Zeitung e moltre altre, di raccontargli, spiega, “qual è stata la prima impressione che hanno avuto arrivando in Italia, come ci vivono, quali motivi di entusiasmo o di scontento li animano”, oltre ovviamente a un parere sulla politica italiana, come in una sorta di ‘intervista’ collettiva. Ovvero, chiede loro l’autore, “Moriremo Berlusconiani?”, oppure, “C’è da fidarsi del compagno Fini?”, come da titolo di altrettanti capitoli. Senza considerare altre questioni come quella delle ingerenze della Chiesa nella politica italiana, e del ruolo delle donne come propulsori della crescita del Paese. Consapevoli che, come scriveva Montanelli, “la patria la si difende discutendola”: anche perchè, continua Sabatini, a volte come “per la pittura impressionista, composta da tocchi e macchie, serve fare due o tre passi indietro per avere una migliore visione d’insieme”. Fra le firme interpellate c’è la francese Marcelle Padovani, a cui Giovanni Falcone affidò le sue memorie nel libro-intervista Cose di Cosa…

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Letto in vacanza: Diario di un cazzeggiatore, di Samuel Benchetrit

Cosa fare se tra i tanti talenti vi è toccato quello di attirare i pazzi e, soprattutto, i lamentosi? La risposta che si dà Roman Stern, che di questa dote è fortemente provvisto, è la “ Società delle Lamentele “, vale a dire un surrogato di uno studio di psicoterapia dove, però, l’ascoltatore professionista non è tenuto a fornire alcun consiglio, ma solo a dare l’impressione di prestare, appunto, ascolto. Roman vive a Parigi, si nutre di bistecca allo scalogno, ha una zia ricca e alcolizzata da cui eredita un barboncino, un vicino di casa, Pigeon, a cui fa la spesa. La sua vita gli scorre davanti come un treno mentre lui sembra fermo sulla banchina a fare “ciao ciao” con la manina. Non prova alcuna ansia, non pensa di perdere tempo, o forse sì, ma per lui non è un problema. In una società in cui per essere all’altezza devi correre e arrancare, il protagonista preferisce tirarsi fuori e rimanere su un livello medio, né triste, né felice.

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Letto in vacanza: Diario di un cazzeggiatore, di Samuel Benchetrit