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Il messaggio natalizio di Edward Snowden e il romanzo 1984 di George Orwell

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Il messaggio natalizio di Edward Snowden e il romanzo 1984 di George Orwell

E’ la tv, bellezza!, di Mariano Sabatini

“Uno dei rovelli quotidiani con cui lo sciagurato Critico deve misurarsi… Ovvero, come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo la televisione sto lavorando? Se poi lo Sventurato avesse, tanto per dire, due figliole in età scolare, dovrebbe altresì sforzarsi di far capire che il lavoro del papà consiste nel guardare discutibili trasmissioni, a loro tassativamente precluse, per poi scriverne”. In genere chi ama leggere è devotamente fedele alla massima di Groucho Marx (” la tv è istruttiva, ogni volta che qualcuno la accende vado di là a leggere un libro “) eppure anche la sottoscritta, che risponde a una sorta di reazione di Pavlov ogni volta che alle sue orecchie arrivano le prime note di una sigla di un programma indigesto (scatta l’off, in automatico), ha trovato piacevole questo libretto degli “orrori” tv E’ la tv, bellezza! (Lupetti ed) scritto dal critico e giornalista (e autore tv, in passato) Mariano Sabatini. “Gli articoli lunghi che seguono sono nati – spiega l’autore nell’intro – per il portale Tiscali Notizie diretto con savoir-faire da Fabrizio Meli e Stefano Loffredo. Ho deciso di raccoglierli in volume perché mi sembra che, letti in sequenza, possano dare un saggio del profondo cambiamento televisivo in atto”. In effetti Sabatini sarebbe un buon aforista, con le sue frasi che come punture di spillo sgonfiano l’ego gonfiato (e sgonfiabile) del piccolo schermo, e che rappresentano piccole golosità intellettuali per chi ama la parola scritta come me. Non a caso, leggere un libro del genere per alcuni è una sana immersione nei nostri “peccati di visione” di programmi non degni di occupare il nostro tempo. E così troviamo articoli sul “clamoroso insuccesso di Bontà loro di Maurizio Costanzo …

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E’ la tv, bellezza!, di Mariano Sabatini

Incarceron, di Catherine Fisher. La prigione vivente. Lunga vita alle distopie!

Incarceron , di Catherine Fisher , apprezzata e premiata scrittrice e poetessa gallese, è il primo volume di una duologia distopica per adolescenti. Incarceron , che segue le vicende di due ragazzi che entreranno inaspettatamente in contatto, si ambienta, in larga parte, in un mondo gestito da un’intelligenza artificiale. Un mondo che, per la precisione, è costituito da un’immensa, tecnologica e segreta città-prigione generazionale. Inizialmente, la prigione era stata progettata al fine di rieducare i criminali. L’esperimento aveva previsto la chiusura, in questa società – inizialmente utopica e contenuta in un grande cubo d’argento – di criminali, “sapienti” e dell’intelligenza artificiale di controllo con l’intenzione di utilizzare un mondo protetto e di emberiana memoria, per ottenere risultati “sociali”. Nel corso del tempo, però, le cose erano degenerate e l’intelligenza artificiale aveva preso il controllo; a distanza di secoli e dopo l’allargamento a dismisura della prigione stessa (che ora “ospita”, in città, villaggi e boschi, i figli dei vecchi detenuti e dei sapienti , divisi in gruppi e caste) essa aveva strutturato un governo impostato su sistemi da grande fratello orwelliano , regolando la vita degli abitanti, spesso brutale e crudele, in modo impersonale…

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Incarceron, di Catherine Fisher. La prigione vivente. Lunga vita alle distopie!

La casta letteraria: la riflessione aperta da Aspetta primavera, Lucky

Tornando a casa nel freddo cesso del regionale Milano-Voghe ra penso. Penso che a me m’hanno fregato i classici, poche storie. No, non i soliti classici, che so Shakespeare, Goethe o Stendhal. I classici più antichi…Virgilio, Orazio, Ovidio, Tucidide, Aristofane, Terenzio.Ecco, la respublica literatorum non esiste, è un parto della mia fantasia più sfrenata Ho già parlato di Aspetta primavera, Lucky , definendolo un “pugno nello stomaco dato con allegria” rispetto al modo in cui affronta la “dannazione” quotidiana degli intellettual-operai, come li definisce l’autore. Torno a parlarne perchè il romanzo – che è anche candidato allo Strega – descrive in modo esemplare una concezione della “casta letteraria” italiana. Crearsi una rete di rapporti, costruirsi una figura pubblica, e poi su quelle basi innestare tutto il resto – “tutto il resto” che in una concezione normale di arte sarebbe invece il dato primario – riflette il protagonista, Flavio, traduttore precario e scrittore mancato – Così facendo il rischio principale è di oscurare autori di indubbio valore ma dalla vita sociale “normale” e non compromessa a qualcuno o qualcosa. In cambio, si sa, abbiamo autori deboli ma presenzialisti A corredo del ragionamento basterebbe citare la geniale idea di Santi di far tenere al protagonista un seminario intitolato Storia paracula della letteratura, dal Metastasio della genuflessioncella…a Vincenzo Monti…Gabriele D’Annunzio… e andando indietro nei secoli.. Petrarca che ha leccato…per un tozzo di pane e un focolare, tutti i più grandi umanisti sempre alla corte di qualcuno, Machiavelli che si sbatteva per essere accettato dai Medici, Tasso che finché non gli …

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