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Una conversazione con Enrico Deaglio. Seconda parte.
Ecco a voi il seguito dell’intervista che abbiamo pubblicato su queste pagine lunedì. Dopo aver parlato con Enrico Deaglio del suo romanzo d’esordio, Zita, il discorso è proseguito – ed era quasi un obbligo – sul futuro del giornalismo all’epoca dei supporti digitali, ma anche sul presente e, soprattutto, sul futuro del nostro paese e dell’Europa. Continua a leggere dopo il salto… A proposito della grave crisi che sta attraversando l’Europa e che ne deciderà il futuro, vorrei sottoporre alla sua attenzione una frase che ho letto sul Guardian settimana scorsa: I pacchetti di austerity imposti oggi ricordano in modo lugubre i risarcimenti imposti alla Germania alla fine della Prima guerra mondiale. Potrebbero anche essere tutti “giusti”, ma l’impoverimento forzoso di greci, portoghesi e italiani per onorare il valore cartaceo dei debiti tedeschi e francesi equivale a un’istigazione alla rivolta. Cosa ne pensa? Il parallelo con i risarcimenti tedeschi dopo la prima guerra mondiale non li condivido. Però sono d’accordo che il vivere sull’impoverimento di Grecia, Spagna, Italia, Portogallo e altri, significa di certo aumentare le tensioni. Nel futuro del giornalismo cosa vede? Noi vecchietti siamo affezionati a questa cosa che chiamiamo Giornalismo di qualità – le inchieste, per esempio – spero che tutto questo continui, anche perché la gente abbia piacere di leggere cose di questo tipo, informate, colte. Dall’altra parte però è fantastico il ruolo che sta avendo la Rete nella realtà. Penso alle rivoluzioni arabe, per esempio, nelle quali i social network hanno avuto un ruolo importante. Se pensiamo solo alla frase che c’era scritta …
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Una conversazione con Enrico Deaglio. Seconda parte.
Sull’India, sulle rivoluzioni e sul futuro: un’intervista con Dominique Lapierre
Dominique Lapierre è uno di quegli scrittori che non ha quasi bisogno di presentazioni, anche perché nella sua carriera, lunga più di sessant’anni, è riuscito a vendere oltre 9 milioni di copie in tutto il mondo contando semplicemente uno dei suoi libri, La città della gioia, il cui titolo coincide con l’altra grande opera a cui Lapierre lavora da anni, la sua associazione di volontariato. Attiva dal 1982 grazie all’impegno dei coniugi Lapierre, l’Action pour les enfants des lépreux de Calcutta – così si chiama il progetto – si alimenta ogni anno grazie alla donazione dei propri diritti d’autore da parte di Dominique Lapierre. Noi di booksblog l’abbiamo incontrato ieri nella sede della casa editrice che sta ristampando tutte le sue opere, il Saggiatore, e con lui abbiamo discusso anche di questa sua attività di volontariato, ma anche di altro: da India, mon amour al futuro del continente indiano, ma anche di quello europeo…
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Una conversazione con Ricardo Menendez Sàlmon, seconda parte.
Ieri vi avevamo proposto la prima parte della lunga e interessante conversazione che abbiamo avuto con Ricardo Menendez Sàlmon in piazza Alberti, durante il Festivaletteratura di Mantova. Come promesso oggi potrete leggere la seconda e ultima parte. Si parla del male, dell’amore, degli attentati che hanno sconvolto la Spagna l’11 marzo del 2004 e delle proteste degli Indignados spagnoli. Buona lettura! Perché il male ha sempre un posto importante nelle tue opere? Perché ti interessa tanto? A me non interessa il male in astratto, non ho alcun interesse a riflettere, come sant’Agostino o come Platone, su un’idea. A…
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Una conversazione con Ricardo Menendez Sàlmon, seconda parte.
Una conversazione con Ricardo Menendez Sàlmon, prima parte.
Ricardo Menendez Sàlmon è uno dei più interessanti autori spagnoli di questi anni. I suoi libri – in Italia pubblicati da Marcos y Marcos – si confrontano con i temi più impegnativi del vivere umano, l’amore, la morte, il male, territori dove la banalità tende i suoi agguati a ogni angolo, mietendo molte vittime illustri. Eppure Sàlmon è sempre stato abile nello schivare queste minacce, nel restare sempre ben al di là della sottile linea rossa che delimita il territorio periglioso dei sentimenti facili, della banalità e della stucchevolezza. Noi di Booksblog lo abbiamo incontrato a Mantova e nella stupenda cornice di piazza Alberti abbiamo discusso con lui di alcuni dei temi fondamentali di questo nostro strano tempo. Si è parlato della nostra ignavia, della società della nausea, del male, del bene, di quello che il futuro ci offrirà e della tensione che sta attraversando le piazze d’Europa. Insomma una lunga chiacchierata, tutta la leggere. Dopo il salto trovate la prima parte, per la seconda dovrete aspettare domani. Nel tuo libro L’offesa, il protagonista Kurt perde completamente il contatto con la realtà in seguito agli orrori della guerra. Questa sua atarassia può essere interpretata come metafora del distacco dalla vita politico-sociale e dell’ignavia che caratterizzano il nostro comportamento quotidiano di fronte al mondo? Sì è possibile. Probabilmente, seppur in modo inconsapevole, durante la scrittura dell’Offesa Kurt lo concepivo in questo modo. Però non si tratta di un’atarassia positiva, non come la concepivano i greci almeno, piuttosto si tratta di un’atarassia negativa, nel senso che l’incapacità di agire nel mondo nasconde il desiderio di non voler vederne alcuni aspetti, di non acquisire un grado di responsabilità in determinati momenti storici. Kurt, il protagonista dell’Offesa, in quanto tedesco mi serve come immagine per sviluppare una riflessione, forse una delle riflessioni centrali del secolo: come è possibile che una società enormemente avanzata sul piano educativo, estetico e filosofico, possa essere stata capace di allevare al suo interno…
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Una conversazione con Ricardo Menendez Sàlmon, prima parte.