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Una lirica e alcuni suggerimenti per la Giornata Mondiale della Poesia

Nella giornata mondiale della poesia 2012 , ci è venuta in mente una “lirica antica”, un insieme di versi che sembra venir fuori da uno dei quaderni della scuola elementare, di quelli nei quali, in maniera più o meno diligente, si attaccavano con la colla stick i testi ricevuti dalla maestra d’italiano. Pezzi di carta che saltano ancora fuori, quando si mette mano ai ricordi. Souvenir di un tempo che fu, di un epoca di ricreazioni e di lavoretti nella quale Giovanni Pascoli regnava sovrano ed i libri erano un po’ più pesanti. Il libro Sopra il leggìo di quercia è nell’altana, aperto, il libro. Quella quercia ancora esercitata dalla tramontana viveva nella sua selva sonora; e quel libro era antico. Eccolo: aperto, sembra che ascolti il tarlo che lavora. E sembra ch’uno (donde mai? non, certo, dal tremulo uscio, cui tentenna il vento delle montagne e il vento del deserto, sorti d’un

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San Martino: due poesie di Ippolito Nievo

Oggi ricorre la memoria di san Martino, con la sua estate (che in diverse parti d’Italia quest’anno c’è veramente). Tutti ricordiamo la poesia di Giosuè Carducci (1835-1907) dal titolo San Martino : “La nebbia agli irti colli / piovigginando sale…”. Carducci nello scrivere questa poesia si è lasciato ispirare da due testi poetici di Ippolito Nievo (1831-1861), pubblicate nel 1858 nel canzoniere Le Lucciole . Le due poesie di Nievo hanno un titolo comune – Gli amori in servitù – e noi ve le riportiamo, per andare alle fonti di quella poesia che molti di noi hanno dovuto imparare a memoria (si usa ancora oggi nelle scuole far imparare a memoria le poesie? Insieme alla parafrasi in prosa è il modo migliore per far odiare le poesie…) Quando dai poggi ameni L’aura autunnal respiro Tutti ne vanno in giro Ridendo i miei pensier. Il paesello è assiso Sopra un’ombrosa china; Lo guarda ogni collina In atto lusinghier. Al rosseggiar del vespro Cinguetta il passeraio, L’artigianello gaio Canta nel suo camin; E noi, qual fosse appunto Pupillo nostro il mondo, Sediam in piazza a tondo Librandogli il destin. *** Già un vasto mar di nebbie E d’ombra il pian sommerge, Donde il pennon s’aderge Di qualche fumaiuol. L’ombra per colli e monti Inerpicando sale; Par che l’estremo vale Mandi alla terra il sol, E l’ultimo

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