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"Verso un’età postcristiana? Il contributo delle neuroscienze" di Guido Brunetti

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"Verso un’età postcristiana? Il contributo delle neuroscienze" di Guido Brunetti

Il settimo figlio, di Joseph Delaney. Il libro da cui è tratto il film

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La ragazza del Sunset Strip, di Joseph Hansen

Continua la meritoria iniziativa di Elliot edizioni di portare in Italia una nuova traduzione delle opere di Joseph Hansen (1923-2004) e, in particolare il suo celebre ciclo Dave Brandstetter Mysteries . Abbiamo già apprezzato Scomparso e Atto di morte e ora, per la traduzione di Maria Luisa Vesentini Ottolenghi, abbiamo La ragazza del Sunset Strip (già apparso in Italia ne Il giallo Mondadori , n. 1704 del 27 settembre 1981). Parcheggiò sotto il sole, su una ripida stradina dal fondo bianco di crepe e segnato da rivoli di catrame scintillante. Rimase seduto ancora qualche minuto a godersi l’aria fresca che veniva dai ventilatori della macchina; li aveva accesi non appena era partito, circa venti minuti prima, eppure aveva la camicia intrisa di sudore. Era erano soltanto le dieci del mattino. Non capitava spesso che a Los Angeles facesse un caldo simile e purtroppo non sembrava che avesse intenzione di smettere. Detestava quel caldo umido. Tre settimane prima, al cimitero, il caldo era stato talmente brutale che le nove vedove di suo padre gli erano sembrate sul punto di svenire. La storia che questa volta ci racconta Joseph Hansen ha molti aspetti che la rendono attualissima, oltre a una vena satirica che accompagna tutta la narrazione e che ne rende particolarmente gradevole la lettura. Il commerciante di materiale fotocinematografico Gerald Dawson, celebre per le sue moraleggianti campagne e per essere il capo …

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La ragazza del Sunset Strip, di Joseph Hansen

Una canzone che ti strappa il cuore, di Joseph O’Connor

«Sono cresciuto a circa un miglio dalla vecchia casa dove John Synge e sua madre trascorsero i loro ultimi, difficili anni: una casa che compare alcune volte in questo romanzo. Da bambino spesso ci passavo davanti e mi faceva un po’ paura: a volte mi chiedevo di quali storie potesse essere stata testimone» . Così scrive Joseph O’Connor nei ringraziamenti in calce al suo ultimo, bel romanzo: Un canzone che ti strappa il cuore , appena edito da Guanda, traduzione di Massimo Bocchiola. Queste sue parole in un certo qual modo ci autorizzerebbero a definire il romanzo, se vogliamo, una biografia immaginaria, dato che si tratta di personaggi storicamente esisti: John Synge, genio del teatro irlandese, che insieme a un altro genio, Yeats, fonda l’Abbey Theatre di Dublino, e l’attrice Molly Algood (al secolo, Marie O’Neil). Ma è prima di tutto un romanzo ‒ e in quanto tale può permettersi alcune libertà sulla verosimiglianza della storia, e di fatto lo fa ‒, che racconta una storia d’amore, per l’appunto, quella tra Synge e Molly. Tutt’altro che facile da vivere, questo amore, perché a contrastarlo e a renderlo invivibile ci si mettono le rigide convenzioni sociali dell’epoca edoardiana, incarnate dalla terribile, e temibile figura della madre di Synge. Una madre plasmata e tenuta sotto scacco dalla religione. A raccontare la storia è un narratore molto vicino a Molly, al punto che spesso la tratta con una familiarità e un’affezione tale da parlarle direttamente, di avvicinarsi a lei fino usare la seconda persona. Purtroppo, quando facciamo la sua conoscenza, Molly è ormai una vecchia attrice dimenticata, vive sola in un cadente appartamento nella Londra di inizio anni ‘50 e l’unica consolazione è l’alcol; non sente sua figlia da mesi, da quando cioè ha litigato con il genero, …

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Una canzone che ti strappa il cuore, di Joseph O’Connor