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Il giocatore di scacchi di Maelzel, di Edgar Allan Poe

De Il giocatore di scacchi di Maelzel ci siamo occupati quando abbiamo recensito il bel libro di Tom Standage dal titolo Il Turco . La vita e l’epoca del famoso automa giocatore di scacchi del Diciottesimo secolo . In appendice a questo testo, infatti, la Nutrimenti ha pubblicato l’articolo di Edgar Allan Poe – Il giocatore di scacchi di Maelzel , appunto – apparso sul Southern Literary Messenger nell’aprile del 1836. Ora le edizioni Mursia lo hanno pubblicato come libretto a se stante, con una veste grafica che valorizza molto il testo, nella collana IL PICCI one. Come ricorderete Il giocatore di scacchi di Maelzel – o il Turco, come veniva anche chiamato, per via della foggia dell’abbigliamento – è stato un automa che dal 1770 al 1854 catalizzò l’attenzione su di sé perché era l’unico automa che, senza alcun trucco (o almeno alcun trucco visibile, ma non voglio svelarvi di più), riuscisse a sfidare gli esseri umani e, spesso, a vincere. Nelle varie esibizioni in tutto il mondo, l’automa giunse anche negli USA dove Edgar Allan Poe poté vederlo da vicino, studiarlo e quindi descriverlo in questo articolo. Il valore del testo di Poe sta sia nella testimonianza storica che racchiude in sé, ma anche – e forse soprattutto – nel metodo analitico dello scrittore, che affronta la questione del giocatore di scacchi automatizzato da molti punti di vista, facendo un escursus su quanto fin ad allora era stato scritto e fornendo le sue interpretazioni, desunte in maniera rigorosa dall’osservazione e dallo studio. Un piccolo tesoro, questo di Edgar Allan Poe, che piacerà non solo agli amanti degli scacchi e ai fan di Poe, ma anche a quanti sono affascinati dal mondo dei misteri. Edgar Allan Poe Il giocatore di Scacchi di Maelzel Mursia, 2012 ISBN 978-88-425-46495-9 pp. 80, euro 4,90 Il giocatore di scacchi di Maelzel, di Edgar Allan Poe

Il Turco, di Tom Standage

L’uomo contro la macchina. La macchina che sfida l’uomo. Due affermazioni, queste, che potrebbero essere la sintesi dell’interessante libro di Tom Standage, Il Turco , pubblicato in questi giorni da Nutrimenti . L’autore, è editor dell’ Economist , racconta la storia del celeberrimo automa scacchista che ha visto la luce nel 1770 per mano dell’ungherese Wolfgang von Kempelen e poi, alla sua morte, passato di mano in mano fino a divenire proprietà di Johann Nepomuk Maelzel che lo portò negli USA. Ed è proprio in un incendio scoppiato nel 1854 a Filadelfia che il Turco andò in cenere. L’automa, oltre ad essere bravissimo nel gioco degli scacchi e a battere fior fiore di scacchisti, era ammantato da un’aura di mistero perché nessuno riuscì mai a spiegarne il funzionamento. Proprio su questo aspetto Tom Standage costruisce la narrazione: all’inizio egli ci rivela che il mistero del Turco è stato oggi svelato, ma poi non ci dice nulla di più, incuriosendo il lettore e portandolo a scoprire sia l’avventura storica dell’automa giocatore di scacchi, sia la ben più interessante storia della meccanica che muoveva quelle meraviglie Sette-Ottocentesche che erano gli automi e, di conseguenza, l’acume delle menti che questi automi progettavano e scaturivano. Il Turco , così, non è solo un libro che narra di un automa, ma diventa quasi una sorta di viaggio nei progressi della scienza che ha portato alla nascita dei computer (non è un caso che l’ultimo capitolo del libro parli di Alan Turing ). Attraverso le pedine che si muovono sulla scacchiera, viene quasi delineata la fatica – e la bellezza – del cammino dell’umanità nell’andare sempre avanti, nello sfidare le macchine, da un lato, e nel lasciarsi aiutare da esse nella vita quotidiana. E come il Turco conteneva un …

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