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Una poesia di Giovanni Pascoli per l’estate di san Martino

La scelta odierna per la poesia domenicale è quasi obbligata: da un lato abbiamo la tradizione popolare che vede nell’11 novembre la cosiddetta estate di san Martino; dall’altro abbiamo il centenario della morte di Giovanni Pascoli . Unendo i due eventi ecco la poesia Novembre del Pascoli, dalla raccolta Myricae . Una poesia forte, a dire il vero: se nella prima strofa troviamo la descrizione di quella che è la gioia dell’estate (aria serena, sole splendende, alberi in fiore), nella seconda abbiamo il riscontro con la realtà (piante secche, cielo vuoto). E l’ultima strofa del componimento opera una sintesi, soffermando sulle foglie che cadono: sarà anche estate, dice Giovanni Pascoli, ma è l’estate, fredda, dei morti . Novembre Gèmmea l’aria, il sole così chiaro che tu ricerchi gli albicocchi in fiore, e del prunalbo l’odorino amaro senti nel cuore… Ma secco è il pruno, e le stecchite piante di nere trame segnano il sereno, e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante sembra il terreno. Silenzio, intorno: solo, alle ventate, odi lontano, da giardini ed orti, di foglie un cader fragile. È l’estate, fredda, dei morti. Foto | trekkyandy – ND Strupler Una poesia

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San Martino: due poesie di Ippolito Nievo

Oggi ricorre la memoria di san Martino, con la sua estate (che in diverse parti d’Italia quest’anno c’è veramente). Tutti ricordiamo la poesia di Giosuè Carducci (1835-1907) dal titolo San Martino : “La nebbia agli irti colli / piovigginando sale…”. Carducci nello scrivere questa poesia si è lasciato ispirare da due testi poetici di Ippolito Nievo (1831-1861), pubblicate nel 1858 nel canzoniere Le Lucciole . Le due poesie di Nievo hanno un titolo comune – Gli amori in servitù – e noi ve le riportiamo, per andare alle fonti di quella poesia che molti di noi hanno dovuto imparare a memoria (si usa ancora oggi nelle scuole far imparare a memoria le poesie? Insieme alla parafrasi in prosa è il modo migliore per far odiare le poesie…) Quando dai poggi ameni L’aura autunnal respiro Tutti ne vanno in giro Ridendo i miei pensier. Il paesello è assiso Sopra un’ombrosa china; Lo guarda ogni collina In atto lusinghier. Al rosseggiar del vespro Cinguetta il passeraio, L’artigianello gaio Canta nel suo camin; E noi, qual fosse appunto Pupillo nostro il mondo, Sediam in piazza a tondo Librandogli il destin. *** Già un vasto mar di nebbie E d’ombra il pian sommerge, Donde il pennon s’aderge Di qualche fumaiuol. L’ombra per colli e monti Inerpicando sale; Par che l’estremo vale Mandi alla terra il sol, E l’ultimo

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