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Sull’alterità, sulla modernità e sul futuro: un’intervista a Massimo Fini

Devo ammettere che un pochino fa impressione vedere Massimo Fini che aspetta, davanti all’entrata del palazzo al cui interno, al terzo piano, si trova la piccola saletta dell’Associazione Stampa Estera. Infatti, esattamente dietro di lui, che sotto una camicia jeans sfoggia una maglietta con la provocatoria scritta “Onore al Mullah Omar”, sventola l’enorme bandiera americana che segnala la presenza del Consolato Americano a Milano. Che dire? Coincidenze… Io invece non ero certo lì per una coincidenza, ero lì perché Sara Salmaso, ufficio stampa Marsilio a cui va il mio grandissimo ringraziamento, mi aveva fissato un appuntamento per intervistare Massimo Fini, uno dei più limpidi e provocatori intellettuali italiani degli ultimi trent’anni, in occasione della prima presentazione a Milano del suo ultimo e contestatissimo libro dedicato al Mullah Omar , capo del movimento dei Talebani. Ma bando alle ciance, l’intervista la trovate dopo il more… Come mai ha scelto di occuparsi del Mullah Omar? Personaggi “maledetti” come Nerone o Catilina (che in fondo, da un certo punto di vista, era il Bin Laden della situazione, il pericolo numero uno, massacrato da Cicerone – dopo morto, naturalmente, perché altrimenti non avrebbe avuto il coraggio) mi hanno sempre affascinato. E anche il Mullah Omar è un personaggio maledetto della storia. A diciotto anni si batte contro gli invasori sovietici, a ventisette perde un occhio, se lo strappa, si benda e ritorna a combattere, combatte contro i signori della guerra a difesa della povera gente e poi, caduto e ore è dieci anni che combatte e tiene in scatto l’esercito più potente del mondo. Ma non c’è solo questa ragione, ovviamente ce n’è una più profonda, vale a dire che su di lui, sul movimento talebano, sulla storia della guerra afgana, sull’occupazione militare occidentale del paese sono state dette tutta una serie di menzogne, o per ignoranza, o per scarsa informazione – molto spesso una disinformazione, alla sovietica, Diciamo quindi che volevo rendere giustizia a questa gente, non solo a Omar ma ai Talebani, anche se io, lo…

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Il mullah Omar, di Massimo Fini: la contestata biografia di un terrorista

Chi conosce l’inconfondibile stile di Massimo Fini , chi è abituato a leggere i suoi pezzi, sa bene con quanta precisione egli sia capace di delineare l’esatta dimensione delle contraddizioni del mondo occidentale. Lo ha sempre fatto, con rigore e onestà intellettuale invidiabili e quasi insuperati in Italia, sia su quotidiani e riviste – memorabili i suoi pezzi sull’Europeo – sia nei suoi numerosi pamphlet. Non è certo sorprendente, dunque, che l’autore abbia scelto di dedicare questo suo ultimo pamphlet, pubblicato neanche un mese fa da Marsilio, a un “indifendibile” come il mullah Omar, una figura tanto misteriosa quanto aprioristicamente e unanimemente condannata dal mondo occidentale, che lo ha sigillato sotto l’etichetta incontrovertibile di terrorista. Eppure Massimo Fini, che contro le etichette incontrovertibili e gli stampini da “anima bella” si è sempre scagliato, ci prova e, raccontando la storia di questo personaggio molto particolare, “riservato e di poche parole, timido, quasi umile”, molto lontano dalle figure dei leader occidentali – arroganti e lontani anni luce dalla realtà – prova a scardinare ancora una volta i battenti arrugginiti del benpensantismo…

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Il mullah Omar, di Massimo Fini: la contestata biografia di un terrorista

Il conformista, di Massimo Fini

Che Massimo Fini sia uno dei pochi intellettuali italiani a meritarsi il titolo di “intellettuale” è facilmente dimostrabile dalla quantità di persone che a priori diffidano di lui e dei suoi giudizi sferzanti, nonché dallo spazio, praticamente nullo se si esclude il Fatto Quotidiano , che la stampa radiotelevisiva concede alle sue parole. Una stampa e una televisione piene di incompetenti e tuttologi patentati o, quando va bene, di inetti politici da quattro soldi che temono come la peste personaggi come Fini, che dicono ciò che pensano e pensano ciò che dicono. Sì, perché Fini è uno di quei personaggi che non si riescono a inquadrare in nessuna di quelle categorie, inutili e ingessanti, in cui, negli ultimi cinquantanni, ci hanno insegnato a confinare ogni idea, in qualche modo per neutralizzarla, renderla, appunto, definibile e innocua. Non è un caso che il modo più comune per attaccarlo sia il cercare di definirlo nei modi più strani, mitragliandolo di categorie come “FascioComunista, Maschilista, Antiamericano, Anticapitalista e fomentatore d’odio”, giusto per citare un nostro lettore che in questo modo commentava una recensione al Vizio oscuro dell’Occidente . E anche questa raccolta di articoli, intitolata Il conformista e contenente pezzi scritti tra il 1977 la fine degli anni Ottanta, non è da meno: polemiche, analisi politiche e di costume, stroncature letterarie, il materiale qui antologizzato è vario, eppure un filo rosso unisce ogni pezzo: è la critica, sferzante, onesta, acuta e …

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Il vizio oscuro dell’occidente, di Massimo Fini

Quello che fa di Massimo Fini uno degli intellettuali italiani più interessanti di questi anni, che è poi lo stesso motivo che ne fa il più ostracizzato e temuto dai salotti televisivi, è la sua irresistibile antimodernità, quel suo punto di vista ipercritico sullo scoglio a cui la società occidentale, dopo un naufragio lungo qualche secolo che tutti chiamano crociera, è approdata. E proprio questo libro, pubblicato nel 2002 da Marsilio e non a caso sottotitolato “Manifesto dell’Antimodernità”, attraverso una lucida e sintetica analisi che svela l’essenza contraddittoria e grottesca dell’habitus mentale occidentale, rappresenta un ottimo punto di partenza per capire le ragioni di questa avversione. La convinzione di vivere in un leibniziano “migliore dei mondi possibili”, ma soprattutto la pretesa di esportarlo dovunque, trasformando l’altro in se stesso: è questo secondo Massimo Fini il Vizio oscuro dell’

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