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#DFW50, ovvero in memoria di un grande scrittore morto troppo presto

Se David Foster Wallace , la sera del 12 settembre del 2008, non si fosse fatto trovare nella posa dell’impiccato dalla moglie Karen Green, oggi avrebbe compiuto 50 anni. Chi era David Foster Wallace? Per qualcuno era un genio assoluto, uno dei più influenti scrittori della sua generazione, una stella letteraria di prima grandezza che si è consumata troppo presto. Per altri era l’oggetto di una grossa operazione di sopravvalutazione, uno scrittore saccente e spocchioso. La mia opinione personale è che David Foster Wallace fosse prima di tutto un uomo di statura intellettuale gigantesca, capace di formulare alcune delle migliori intuizioni che abbia mai letto su questa nostra decadente società dello spettacolo. Spesso queste intuizioni riusciva a mescolarle con la giusta dose di sarcasmo e di amaro umorismo, aggiungendovi una lingua scoppiettante e trame pazzesche, creando momenti di altissima letteratura. L’unica malattia di cui…

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Fare i libri, dieci anni di grafica in casa editrice, a cura di Riccardo Falcinelli

Probabilmente la maggior parte dei lettori, alla domanda diretta su quanto sia importante nelle scelte di lettura l’aspetto grafico dei libri, dapprima esiterebbe. Poi, probabilmente, per non fare la figura di chi giudica le cose dall’aspetto e non dalla sostanza, si dichiarerebbe poco influenzato dalla grafica editoriale al momento dell’acquisto. Ma se per un verso il lettore avrebbe indubbiamente ragione – che effettivamente un libro non si giudica soltanto dalla copertina, come un monaco dall’abito che porta – per tutta una serie di motivazioni topperebbe completamente, condannando una parte decisiva del processo di creazione editoriale all’invisibilità, o peggio, all’inutilità. È proprio per questo, per capire le esatte dimensioni di questo sbaglio, che ogni lettore – ne sono convinto – dovrebbe almeno sfogliare questo grandioso libro edito da minimum fax e intitolato Fare i libri, dieci anni di grafica in casa editrice . Si tratta di un libro quasi prettamente (foto)grafico, splendidamente curato nei dettagli che porta letteralmente il lettore nel retrobottega di una delle case editrici più interessanti e importanti culturalmente dei nostri anni. Forse lo si dice ancora sottovoce, ma neanche più di tanto. La minimum fax (rigorosamente minuscolo) sia per prospettive editoriali, sia per pratica costante di scoperta o di riproposizione di grandi libri sia italiani che stranieri, classici ma soprattutto contemporanei, sta occupando quel grande vuoto a cui ci hanno condannato gli anni ottanta con l’esaurimento del sacro fuoco einaudiano. Ma avere un giro di intellettuali – da Vasta a Lagioia – a mio parere sempre più paragonabile alla cerchia che tra i cinquanta e gli ottanta frequentava Torino (da Vittorini a Calvino per intenderci) o avere tra i propri titoli la grande narrativa italiana come quella americana non sarebbero stati elementi sufficienti per dare alla minimum fax quell’anima e quell’aura tipica…

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L’errore di Glover, di Nick Laird

L’ultima volta che David ha parlato con Ruth è stato un bel po’ di tempo fa. È successo all’università; lei era la sua insegnante; David si era messo in testa di essere un artista, ma aveva scoperto di non esserlo e voleva dire a Ruth che avrebbe cambiato corso. Lo fece, e ognuno andò per la sua strada. Adesso David ha trentacinque anni, qualche capello in meno e alcuni chili di troppo, condivide il suo appartamento con un certo

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Radiazione, di Stefano Jorio

Radiazione , romanzo d’ersordio di Stefano Jorio, appena uscito per minimum fax, nell’attuale panorama della letteratura è un libro insolito perché riesce a combinare una trama, che allude al thriller con qualche tinta noir, a una buona qualità della scrittura. La trama è semplice e complessa allo stesso tempo: il protagonista della storia è un trentenne che ha vinto il concorso a un ministero – senza raccomandazione, aggiungiamo, in un luogo dove la raccomandazione è quasi d’obbligo – e si ritrova a lavorare in uno strano ufficio situato in un sottoscala (di kafkiana memoria): il SOpA, che sta per servizio opere d’arte. La sua vita potrebbe andare avanti con una certa tranquillità, se non fosse per l’inquietudine che si porta dietro, che nella storia, a mio modo di vedere, si traduce con un moderno vagabondaggio: è vero che ha un lavoro al ministero, ma è vero pure che lo stipendio è quello che è, e a Roma gli affitti sono quello che sono; può permettersi, insomma, solo di affittare stanze o, al limite, farsi ospitare su un divano. Potrebbe andare avanti così, senza sobbalzi, senza sorprese, se non fosse perseguitato dall’amore perduto per Wiebke e, soprattutto, se non lavorasse dove lavora. Il SOpA, e lo scoprirà presto, non è altro che un covo di pazzi, dove interessi personali vanno a braccetto con uno strano (ma per niente insolito) connubio tra politica e religione, ovvero il Vaticano. La situazione comincia a prendere una brutta piega appena si viene a sapere che è sparito un’opera del futurista Funi (e non sarà l’unica, naturalmente), un’opera che doveva …

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