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L’autobus di Rosa di Fabrizio Silei e Maurizio A.C. Quarello

La sera del 1° dicembre del 1955, su un autobus di linea della città di Montgomery, in Alabama, una signora di colore di poco più di quarant’anni fece un piccolo gesto che cambiò la storia di un’intera nazione. Si chiamava Rosa Parks e quella sera, rifiutandosi di cedere il proprio posto a un bianco, inflisse un colpo decisivo alla segregazione razziale negli Stati Uniti. Aiutato dalle belle illustrazioni di Maurizio A.C. Quarello, Fabrizio Silei, sociologo e scrittore per ragazzi, riesce a raccontare la storia di Rosa da un punto di vista decisamente interessante. Siamo infatti ai giorni nostri, al museo Ford di Detroit, dove l’autobus di Rosa è conservato come una reliquia. Seduto dentro l’autobus – proprio nel posto che fu di Rosa Parks – un nonno racconta a suo nipote quell’incredibile quarto d’ora in cui la Storia gli è passata di fianco e lui non ha saputo essere all’altezza. E’ una storia amara quella che il nonno racconta al nipote, una storia fatta di quotidiani soprusi, di un tempo in cui sulle vetrine dei negozi c’erano appesi i cartelli che vietavano ai neri di entrare e gli uomini incappucciati di bianco del KKK li linciavano impuniti, di quando a scuola le classi erano separate. Ma quella la storia del nonno è anche una storia sulla paura degli uomini di fronte alla Storia, quella paura che quella sera del 1° dicembre del 1955 lo bloccò come un sasso mentre assisteva al placido gesto di rivolta della signora Parks. Ed è proprio questo l’aspetto a mio parere più notevole de L’autobus di Rosa, un libro edito da Orecchio Acerbo, coprodotto e pubblicato in altri sei paesi – Portogallo, Spagna, Francia, Germania, Grecia e Brasile – e sostenuto da Amnesty International. Insomma, un libro importante in un momento come questo, in cui la segregazione razziale non è più soltanto un…

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Voci dal Festivaletteratura di Mantova/3: un’intervista a Tim Parks

Eccoci arrivati alla terza puntata di questa piccola rubrica che raccoglie alcune delle più interessanti voci d’autore presenti la settimana scorsa al Festivaletteratura di Mantova. Questa volta la voce a cui diamo spazio è quella di Tim Parks, scrittore inglese e traduttore, nonché professore di tecniche della traduzione allo IULM di Milano. Con lui, da ormai trent’anni trapiantato in Italia, abbiamo parlato del futuro di questo nostro paese, che lui ormai conosce molto bene, ma anche del clima di tensione che attraversa l’Europa intera e del ruolo di uno scrittore in tempi bui come questi. Quello che emerge è un punto di vista molto interessante, preoccupato, certamente, dalle minacce che intravediamo nel nostro futuro prossimo, ma essenzialmente ottimista. Ma bando alle ciance, leggetevi l’intervista completa, subito dopo il more… Da trent’anni lei vive in Italia, che giudizio si è fatto di questo…

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