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Le gioie del self publishing. La storia del primo che l’ha fatto

Sul New York Times viene ricordata la storia del primo “pioniere” dell’autopubblicazione, un fenomeno che sta diventando molto di moda anche da noi. Si trattava – nel non tanto lontano 1995 – di un tecnico riparatore di televisioni ormai in pensione, Boris B. Gursky, immigrato inglese dall’Ucraina e afflitto da cancro alla prostata. Un editore per un tot di dollari (a seguito di un suo annuncio sul Reader’s Digest) gli inviò un kit per autopubblicare la sua opera. Era la prima volta che un editore metteva a disposizione di uno sconosciuto i mezzi per diventare “editore di se stesso”. E Gursky? Investì molto dei risparmi di una vita (circa diecimila dollari) per dare alle stampe “The perilous life of B.B.Gursky”, la sua autobiografia. D’altronde, l’autopubblicazione nasce per dare spazio – oltre che, in alcuni casi, alle proprie insulse velleità artistiche -all’espressione di sè, alle proprie memorie (ha fatto notizia l’autore che in edicola continua a vendere con successo le memorie di suo nonno soldato in Russia). Sinceramente, la parte di storia che mi fa più tenerezza è la scelta dei soggetti a cui lui volle spedire il racconto di una vita da immigrato: trovò sull’elenco telefonico gli indirizzi di tutti coloro che avevano il suo stesso cognome, e mandò il libro (150 pagine appena, notate…

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Passione copertine: sul New York Times quelle rifiutate dagli editori

Una proposta di copertina , scrive il New York Times per introdurre una simpatica gallery di copertine “scartate”, può essere affossata per una miriade di ragioni. “E’ troppo scura, è troppo chiara (le copertine bianche non rendono bene su Amazon), fa somigliare troppo il libro a un romanzo young adults, non piacerà al pubblico maschile”. Come scrive la testata, per un libro di alto profilo le “prove di copertina” possono arrivare a una cinquantina (anche se in genere ci si ferma a non più di una dozzina). E così copertine molto belle come quelle pubblicate a corredo dell’articolo vanno ad essere scartate. Ce ne sono alcune che assomigliano al quaderno a righe delle elementari o a certe scritte con i pastelli a cera (L’uomo autografo di Zadie Smith), altre che somigliano a schizzi di pennarello su cartoni legati con lo spago. In alcune le singole parole del titolo vengono scritte ognuna su un pennarello diverso oppure in cui titolo e autore sono inseriti sull’etichetta di una scatola di medicine (Presunto innocente, di Scott Turow). La mia preferita? Quella in cui le lettere sono formate, come in un poutpourry politically un-correct, da fili, semi, radici, farfalle in miniatura. Ricreatevi gli occhi con la photogallery, qui. Via | Sole24 Ore Passione copertine: sul

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BIRRA: dal 17 al 21 maggio a Bologna torna il festival delle riviste indipendenti

Questa settimana, tra il 17 e il 21 maggio, a Bologna le riviste indipendenti si ritrovano al Bartleby per la nuova edizione del BIRRA, la bagarre internazionale di riviste alternative , un’iniziativa nata nel 2007 come un luogo di incontro e di confronto tra le realtà letterarie indipendenti di tutta Italia. Ad oggi il marchio BIRRA raggruppa quasi 40 riviste, dalle più grandi, come Il primo amore , Terre di Mezzo e Pulp, fino a quelle più piccole, come per esempio il Traghetto Mangiamerda , Banlieue, Follelfo , El Aleph , Progetto Babele , Inutile e moltissime altre, testate che a parecchi di voi suoneranno sconosciute o quasi, ma che da anni producono cultura. Tutte queste realtà appartengono a un livello del discorso culturale che per molti lettori, in questo paese, è invisibile…

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Approda anche in Italia la storica rivista letteraria Granta

Esce anche in Italia (edita da Rizzoli) Granta , storica rivista letteraria ideata in Inghilterra nel 1889 (la distribuivano gli studenti di Cambridge in fogli volanti ai passanti) che alla fine degli anni ‘70 ha visto l’inizio di una nuova ascesa, portando all’attenzione del grande pubblico i racconti di eclatanti esordienti come Bukowski o Carver (precedentemente aveva “lanciato” la splendida esordiente Sylvia Plath). La pubblicazione italiana (il primo numero è uscito questo mese, il secondo è atteso per settembre) arriva dopo quella spagnola (2004) e portoghese (2007) e mi sembra un ottimo segnale di fiducia

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