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Libri gender: autori e autrici italiani chiedono di essere banditi da Venezia

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Libri gender: autori e autrici italiani chiedono di essere banditi da Venezia

I libri ti cambiano la vita, a cura di Romano Montroni

Non è certo facile dire quale sia il libro che ci ha così tanto influenzato da cambiarci la vita. Senza dubbio alcuni titoli hanno contribuito a farci essere quello che siamo oggi, ma individuarne uno e uno solo? L’esercizio è interessante, soprattutto in un’epoca di sovrabbondanza letteraria che ci pone dinanzi libri su libri. Ci ha provato Romano Montroni che ha chiesto a cento scrittori di raccontare cento capolavori della letteratura. Il risultato è raccolto nel bel libro I libri ti cambiano la vita , edito da Longanesi. Lo stesso dubbio che abbiamo avuto a inizio post è sorto anche in Claudio Magris che, prima di dire la sua su Guerra e pace di Tolstoj, scrive: Non rispondo volentieri a questa domanda, bensì con l’imbarazzo che provano i bambini quando si chiede loro se vogliono più bene alla mamma o al papà, imparando a cavarsela dinanzi agli interrogatori, sapendo che spesso non si tratta tanto di dire la verità, ma di cercare i modi per non fare brutta figura. L’imbarazzo in cui mi trovo deriva dal fatto che nella letteratura, come nell’evangelica casa del Padre, ci sono molte dimore; almeno in letteratura è lecito essere politeisti, poligami e poliandri. Il libro a cura di Montroni, dunque, è un libro fatto di libri; o meglio di scrittori che recensiscono libri scritti da altri scrittori. Aprendo a casa troviamo Gianrico Carofiglio che scrive di Canto di Natale di Dickens, Giuseppe Culicchia che recensisce Fiesta di Hemingway, Andrea Camilleri alla prese con La condizione umana di Malraux, Tullio De Mauro ci parla di Timpetill di Michael e così via. Le recensioni sono in ordine alfabetico per autore, con una sola eccezione: la prima, che è di Lucio Dalla e recensisce Io e Dio di Mancuso. La scelta è dovuta al fatto che Lucio Dalla non potrà mai sfogliare questo libro, come…

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Gabriele Dadati, lettera di un finalista al Premio Strega

Ad un solo giorno dalla pubblicazione della lista ufficiale dei dodici finalisti della sessantaseiesima edizione del Premio Strega e mentre freme il “toto-finalista”, abbiamo deciso di concentrarci su un altro punto di vista. Quello di Gabriele Dadati, presentato da Gherardo Colombo e Romano Montroni ed inserito nel precedente elenco di diciotto selezionati con “Piccolo Testamento” , una sua “filiazione di parole”, doloroso parto che racconta la storia di una scomparsa amara, di un’eredità intellettuale e della sua perpetuazione. Sarebbe meglio fermarsi qui. Fare un passo indietro, e Dadati l’ha fatto, alla soglia di un momento che è per uno scrittore, allo stesso identico tempo, fonte delle più grandi soddisfazioni e delle più crudeli angosce. Non sappiamo ancora se entrerà a far parte della rosa finale, né tanto meno se porterà l’onore che fu di Buzzati, Moravia, Pavese, Eco, ma anche di Ammaniti e Mazzantini. E le speculazioni, a questo stato di cose, lasciano il tempo che trovano, quel che è certo è che, una parte dei suoi pensieri si sono trasformati in una lettera, pubblicata sul blog di Chicca Gagliardo , un indizio personalissimo del quale vi lasciamo l’inizio: Cara Chicca, con tutta probabilità da domani sera non sarò più candidato al

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