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Palace of the end, di Judith Thompson

Un libro “brutale” per uscire un po’ dalla logica troppo melliflua e commerciale del Natale. La canadese Judith Thompson – docente di Teatro e Arte Drammatica presso l’Università di Guelph, in Ontario – in Palace of the End scrive tre monologhi che ruotano intorno all’Iraq. Tre monologhi con tre personaggi emblematici che, nelle loro storie particolari, si incontrano-scontrano con la grande Storia. Ne Le mie Piramidi è Lynndie England che racconta, lei, la soldatessa americana famosa per le foto in cui sevizia i prigionieri nel carcere di Abu Ghraib e, con i loro corpi, costruisce delle piramidi; il protagonista del monologo Harrowdown Hill è, invece, il timido scienziato David Kelly, che ha prima fornito le prove dell’esistenza di armi di distruzioni di massa in Iraq e poi ha dichiarato che era tutto un falso; ne Gli Strumenti della Bramosia , Nerjas Al Saffarh – nome che significa giunchiglia e indica un fiore – racconta la sua storia di attivista irachena torturata dalla polizia segreta di Saddam Hussein negli anni ‘70, e uccisa, poi, durante i bombardamenti americani nella prima guerra del Golfo. Tre storie che si confrontano con la Storia e invitano a riflettere di cosa sia capace l’essere umano, con la “passione” di cui sono capaci: La violenza è una componente costante nelle opere di Judith Thompson. In ogni caso la violenza che lei propone non è solo un sentimento negativo, ma è spesso usato come enfasi estrema di un’emozione. I suoi personaggi sono violentemente felici, violentemente crudeli, violentemente tristi, insomma, violentemente vivi. Molto accurata la traduzione di Raffaella Antonelli che, in una nota molto precisa, illustra quali sono state le difficoltà incontrate nel rendere il testo dall’originale in italiano. Molto curata l’edizione italiana della Neo , con le illustrazioni anche in II e III di copertina. Personalmente avrei preferito il testo inglese a fronte di quello italiano, in modo da poterli scorrere entrambi nella lettura e non alla …

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Intervista a Gérard Roero di Cortanze

Abbiamo già avuto modo di parlare di Gérard Roero di Cortanze e del suo libro, Il colore della paura , edito da Garzanti; ora abbiamo avuto anche il privilegio di intervistare questo straordinario intellettuale. Il blu è stato spesso oggetto di studio, già a partire dai greci e dai latini; quale valore assume questo colore nel suo sistema simbolico? I colori costituiscono un oggetto di riflessione senza limiti. Schopenhauer ha scritto pagine straordinarie in Sulla vista e sui colori . Conosciamo tutti il testo fondamentale di Goethe, pubblicato nel 1810, a metà fra la storia delle scienze e la storia dell’uomo europeo: La teoria dei colori . Giobert, l’uomo dal volto color indaco, è circondato da una galleria di personaggi chiamati «cavalieri» e vestiti con un colore che ha il ruolo di codice, un po’ come nei romanzi arturiani francesi dei secoli XII e XIII: il cavaliere rosso è in genere animato da cattive intenzioni (personaggio che potrebbe venire dall’Altro Mondo); il cavaliere nero cerca sempre di nascondere la propria identità, che potrebbe essere buona o malvagia; il cavaliere bianco è spesso un personaggio anziano, amico o protettore dell’eroe (è il caso del romanzo); il cavaliere verde può essere buono o malvagio, ma generalmente giovane e insolente. Per rispondere alla sua domanda, sono convinto che i colori abbiano un ruolo fondamentale nella costituzione dell’essere umano. È noto, ad esempio, che il ruolo dei colori è fondamentale per la crescita …

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Il colore della paura, di Gérard Roero di Cortanze

Gérard Roero de Cortanze è uno straordinario scrittore e intellettuale per qualità e quantità di interessi: traduce, si occupa di arte, è critico e saggista, scrive libri per ragazzi, di poesie, dirige importanti collane editoriali. In Francia è cosiderato un punto di riferimento assoluto. Tuttavia, a noi è arrivato poco o nulla. È merito di Grazanti averlo portato in Italia con Il colore della paura , un romanzo avventuroso, con qualche tinta gotica, in un’unica parola: trascinante; per di più scritto con eleganza. Ha certamente ragione Claudio Magris quando dice, recensendolo sul “Corrire della sera”, che «è l’ indaco il vero protagonista […] un bramoso desiderio che porta alla distruzione e all’autodistruzione». E in…

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Il Giardino dei Segreti, di Kate Morton – La Regina Maledetta, di Jeanne Kalogridis

E in chiusura di stagione, con la pausa estiva della maggior parte delle case editrici, che terminerà verso fine agosto, non si poteva non parlare, con colpevole ritardo, di un paio di romanzi usciti di recente. In entrambi i casi si tratta di narrativa storica e soprannaturale ; ma se il primo ha in sè elementi di pura fantasia, il secondo, anche per la parte soprannaturale, prende spunti dalla realtà storica. Il Giardino dei Segreti , dell’australiana Kate Morton , già nota, in Italia, per Ritorno a Riverton Manor , è un intenso e apprezzato romanzo che si snoda, con molta suspance, lungo un secolo e attraverso mezzo mondo. Dai primi del ‘900 ai giorni nostri, dall’Australia alla Cornovaglia. Figure centrali sono 3 donne (le cui storie si intrecciano), a partire da Nell , una bambina di 4 anni abbandona su una nave diretta in Australia e lì accolta da una famiglia senza figli. Da quando il padre adottivo le comunica la verità prende avvio una ricerca senza sosta, che verrà continuata, poi, anche dalla nipote Cassandra . Una ricerca che, alla fine, porterà a un’oscura e magica verità nascosta in un giardino segreto in un cottage della Cornovaglia. Un giardino che rivelerà il mistero di questa bimba abbandonata con una valiga bianca e un libro di Eliza Makepeace , legata all’oscura famiglia Mountrachet ( “wanted things they shouldn’t or couldn’t have” ), autrice di favole vittoriane ed elemento fondamentale di tutta l’emozionante vicenda. La Regina Maledetta di Jeanne Kalogridis , autrice di altre opere storiche, ma nota, soprattutto, per l’ottima trilogia dedicata alla famiglia Dracula ( …

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