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Idee regalo per Natale, La cucina del buon gusto di Simonetta Agnello Hornby

Manca ormai una settimana al fatidico mese delle feste e molti anche quest’anno opteranno per un libro come regalo; spesso per andare sul sicuro si sceglie qualcosa a tema cuciniero, un bel libro di ricette non guasta mai! Ma anche qualche nozione sull’ospitalità è di certo benvenuta in un periodo in cui gli ospiti bene o male girano spesso per casa e siedono alle nostre tavole. Vi segnalo qui un prezioso aiuto in cucina e sull’arte del ricevere, con deliziosi dettagli autobiografici: La cucina del buon gusto di Simonetta Agnello Hornby e Maria Rosario Lazzati (ed. Feltrinelli), uscito già da un po’, ma molto attuale secondo me, soprattutto in riferimento al concetto sociale di solitudine . La domanda che trovi all’inizio è: “ Perchè continuiamo a cucinare? “. Dice che cucinare al giorno d’oggi è diventato un po’ uno sfogo e un appagamento grazie alla trasformazione degli elementi per mano nostra, ma ancora di più ci fa rientrare in contatto con la nostra vera natura e con le radici famigliari (bellissimo il capitolo sul pane). E forse, ci da’ quello stimolo in più ad uscire dal bozzolo e andare incontro agli altri, invitandoli appunto. Epicentro del personaggio cuciniero è il supermercato , luogo archetipico postmoderno dove si disvela la reciproca identità: osservandone il carrello si capisce il modo di vivere delle persone ma soprattutto il loro mondo di relazione. Tutto in cucina fa brodo, e il “gusto” di questo libro è l’attenzione per ogni piccolo dettaglio del mangiare, foss’anche il tipo di insalatiera che usi o un ricordo lontano che invece di intristirti ti procura un sano appetito!. Un certo riguardo è dato poi alla presenza dell’ uomo in cucina , visto non come un intruso ma piacevolmente accolto nella sua intraprendenza (per lo più nella preparazione delle carni), anche se poi di norma malvolentieri rigoverna dopo le scorribande con le pentole e talvolta si picca di essere più bravo. Mentre la donna di adesso, dopo essersi emancipata e a più riprese affidata alle preparazioni industriali già pronte, si trova gravata…

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Storia della violenza, di Robert Muchembled

Che cos’è la violenza? È innata? La sua fine è possibile? Sono domande che capita di porsi, soprattutto in questo periodo post Nobel per la Pace all’Unione Europea. Intorno a queste domande è imbastito il bel libro di Robert Muchembled dal titolo Storia della violenza dal Medioevo ai nostri giorni , pubblicato in Italia da Odoya, con la traduzione di Marco Pegoraro. Il saggio di Muchembled è un lungo viaggio nella storia della violenza e si analizza il fenomeno sotto diversi punti di vista: feste sanguinarie e giochi brutali, il duello, la violenza popolare, la diversità che la violenza assume a seconda se ci si trovi in città o nei villaggi, la violenza delle bande. Per non tralasciare la nascita del racconto nero che trasforma l’omocida sanguinario in un bandito beneamato e quasi idoltratato. Un lungo excursus storico, completato da alcune pregevoli illustrazioni. A proposito del discorso violenza, Europa e pace, trovo significativo questo passaggio: È ormai dal 1945 che l’Europa non ha più subito sul suo suolo una conflagrazione militare significativa. La brutalità dei giovani maschi occidentli continua ciononostante a essere sistematicamente a essere respinta fuori dallo spazio pubblico. Probabilmente è inibita molto più energicamente di prima anche tra le mura domestiche. La scomparsa del conflitto patriottico legittimo, tradotta dall’abrogazione del servizio militare obbligatorio in numerosi paesi […], sottrai l’unica valvola di sfogo di massa considerata tollerabile dalla nostra cultura a una combattività giovanile che essa non ha mai voluto estirpare totalmente. Questo squilibrio recente sempre più marcato è probabilmente una delle cause principali, insieme alla disoccupazione, di un’ondata di esasperazione ben visibile tra gli adolescenti. E si domanda: Siamo giunti a una svolta? La nostra civiltà globalmente senza conflitti, ricca e edonista saprà sublimare le pulsioni giovanili violente, che fino a poco tempo fa continuava ad alimentare riservandole a confronti armati, per evitare che saturino i margini poverissimi delle grandi metropoli o gli stadi e che producano esplosioni a catena? Molto curata l’edizione italiana di questo saggio di Robert Muchembled, uscito in Francia nel 2008. Personalmente avrei preferito le nota a piè…

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Coco Chanel, Genio Passione Solitudine di Claude Delay

Le biografie su Coco Chanel non si contano, ma il primo ottobre 2012 ne è uscita una nuova: Coco Chanel – Genio, Passione, Solitudine da Edizioni Lindau (23.00€), ce n’era bisogno? Assolutamente sì! Il libro è scritto dalla psicanalista Claude Delay (classe 1934), che ebbe il privilegio di starle vicino e di raccogliere le sue confidenze negli ultimi dieci anni di vita (Chanel è morta nel gennaio del 1971); un racconto intimo dal taglio introspettivo, che solo una studiosa dell’animo umano può mettere in atto raccontando le gesta di questo gigante della moda, che in realtà era una personalità volitiva ma fragile, racchiusa in un piccolo e atletico corpo. Da adulta è mascolina, tagliente, senza mezze misure; ma la Coco bambina subisce l’imprinting dell’abbandono paterno , e questo dolore non lo dimenticherà mai. Le sue relazioni più importanti sono con figure protettive: Etienne , Boy/Arthur Capel , il Duca di Westminster . Uomini che l’aiutano a maturare -e a far fruttare- il suo innegabile talento (quel fervore artigiano che non la lascerà mai, complici le forti mani da lavoratrice eredità della sua origine contadina), ma che pure le consentono di apprendere il più possibile (è avida di conoscenza) e districare il grumo di emozioni e di grande energia che si porta dentro, contribuendo a generare così la sua direzione. Imperterrita, Coco veleggia nel bel mondo, conquistando con il suo stile tutto personale le grand dames che, per stare al passo con lei, non esitano a gettare nel dimenticatoio le crinoline e i lunghi treccioni, tagliati di netto per portare i mitici chapeaux. …

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E’ la tv, bellezza!, di Mariano Sabatini

“Uno dei rovelli quotidiani con cui lo sciagurato Critico deve misurarsi… Ovvero, come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo la televisione sto lavorando? Se poi lo Sventurato avesse, tanto per dire, due figliole in età scolare, dovrebbe altresì sforzarsi di far capire che il lavoro del papà consiste nel guardare discutibili trasmissioni, a loro tassativamente precluse, per poi scriverne”. In genere chi ama leggere è devotamente fedele alla massima di Groucho Marx (” la tv è istruttiva, ogni volta che qualcuno la accende vado di là a leggere un libro “) eppure anche la sottoscritta, che risponde a una sorta di reazione di Pavlov ogni volta che alle sue orecchie arrivano le prime note di una sigla di un programma indigesto (scatta l’off, in automatico), ha trovato piacevole questo libretto degli “orrori” tv E’ la tv, bellezza! (Lupetti ed) scritto dal critico e giornalista (e autore tv, in passato) Mariano Sabatini. “Gli articoli lunghi che seguono sono nati – spiega l’autore nell’intro – per il portale Tiscali Notizie diretto con savoir-faire da Fabrizio Meli e Stefano Loffredo. Ho deciso di raccoglierli in volume perché mi sembra che, letti in sequenza, possano dare un saggio del profondo cambiamento televisivo in atto”. In effetti Sabatini sarebbe un buon aforista, con le sue frasi che come punture di spillo sgonfiano l’ego gonfiato (e sgonfiabile) del piccolo schermo, e che rappresentano piccole golosità intellettuali per chi ama la parola scritta come me. Non a caso, leggere un libro del genere per alcuni è una sana immersione nei nostri “peccati di visione” di programmi non degni di occupare il nostro tempo. E così troviamo articoli sul “clamoroso insuccesso di Bontà loro di Maurizio Costanzo …

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