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Lavorare in una casa editrice in Italia… e negli States?

Per lavorare nel mondo editoriale bisogna essere pronti a sacrificare le cose più care. È un lavoro duro, a volte durissimo, con orari impressionanti e con l’impossibilità assoluta di lasciare il lavoro in ufficio. Lavorare per l’editoria consuma, di questi tempi anche di più, visto che gli stipendi sono da fame e che il precariato è la forma di lavoro preferita nel settore. Detto questo, è pur vero che l’editoria resta uno degli sbocchi professionali a cui vorrebbero tendere moltissimi giovani italiani. Non so bene le statistiche, ma di sicuro ci sono molte più domande di quanta richiesta effettiva ci sia. Già così sembra un lavoro ostico. Ma aspettate, contate che in Italia le cose si fanno ancora più difficili perché l’unico modo di entrare è passare da stage o da conoscenze altolocate. Di stage ne offrono quasi tutti, si tratta di lavorare a volte gratis, a volte dietro compensi ridicoli, altre – ma poche – con un salario appena appena sufficiente per vivere metà mese. L’altrà metà devi avere dei genitori con le spalle larghe, o almeno con un conto in banca capace di reggere anche il tuo peso. Non voglio dilungarmi. Vorrei semplicemente mettervi di fronte a un fatto, o meglio, a due pagine prese dalla stessa fonte, internet. La prima si riferisce agli annunci pubblicati settimanalmente da GalleyCat, uno dei blog di riferimento americani del settore. L’altro è uno screenshot preso dal sito della Mondadori, una delle poche case

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