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La classifica settimanale degli eBook secondo Booksblog – settimana dal 20 al 26 agosto 2012

Analizzando in lungo e in largo la classifica settimanale degli eBook (offerta dal sempre puntuale sito Pianeta eBook ), cerchiamo di valutare alcuni aspetti più interessanti, al di là del semplice elenco con podio che è pure importante. Questa settimana ci soffermiamo su quelli che definirei i libri hapax , mutuando il termine dalla linguistica e dalla filologia. Per dirla con Wikipedia : In linguistica e in filologia, un hapax, dal greco ἅπαξ λεγόμενον (hápax legómenon, “detto una volta sola”) è una forma linguistica (parola o espressione), che compare una sola volta nell’ambito di un testo, di un autore o dell’intero sistema letterario di una lingua. Quali sono gli eBook, dunque, che figurano una e una sola volta in tutto l’elenco che analizza ben dodici store online? Questa settimana sono ventidue eBook hapax e non si creda che siano solo libri autoprodotti o …

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La classifica settimanale degli eBook secondo Booksblog – settimana dal 20 al 26 agosto 2012

I migliori finali della letteratura

Molto carina l’idea del Guardian di dare “carta bianca” a un suo collaboratore per indicare ai lettori quali siano a suo parere le migliori battute finali dei romanzi di ogni tempo. In questo caso l’articolista ci cita grandissimi classici come Il grande Gatsby , passando per Gita al faro di Virginia Woolf oppure l’ Ulisse di Joyce. Quali sono i motivi che rendono un finale un capolavoro? Come nel caso di Scott Fitzgerald, il motivo può stare nel darci una “sintesi” di tutto ciò che ci è stato narrato precedentemente. E darlo in una sola frase non è da poco. Oppure, come nel caso di Gita al faro, semplicemente nella conclusione della “visione”. Perchè una narrazione non è sempre, in fondo, la rappresentazione di una visione – unica – di cui la realtà diventa solo una eco lontana? Un po’ come sottintendeva Carrol in Alice dietro lo specchio , e forse i romanzi migliori sono proprio quelli…

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I migliori finali della letteratura

Come si suicidano gli scrittori?

Non è poi così sorprendente notare che tra gli scrittori molti sono suicidi, come diversi sono impazziti in un modo o nell’altro. Gli scrittori (e le scrittrici, ovviamente) tendono ad essere persone particolarmente sensibili, volubili, vulnerabili e iperestetici. Questo è dovuto a diverse motivazioni ma, principalmente, è dovuto al fatto che scrittrici e scrittori si nutrono della propria sensibilità per creare storie che commuovono. Spesso, poi, gli scrittori hanno bisogno di una pacca sulla spalla per andare avanti e una critica – anche piccola – può avere effetti devastanti. Si aggiunga, poi, che il suicidio ha sempre quell’aria decadente che è sempre molto apprezzata in ambito letterario e il quadro è completo. Così il salto di Virginia Woolf nel fiume Ouse con le tasche piene di sassi quel 28 marzo 1941 assume un’altra dimensione. Antonin Artaud ingerì chloral per porre fine alla sua vita; Cesare Pavese prese più di dieci bustine di sonnifero nell’Hotel Roma a Torino; Hemingway si sparò alle tempie; Stefan Zweig si uccise in Brasile insieme alla sua segretaria Carlota Altman, con la quale si…

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Quanti scrittori sono impazziti?

Si dice che gli stolti aprano cammini che poi i saggi seguiranno. O che il confine tra pazzia e genialità sia molto labile. Queste affermazioni sembrano essere molto vere nel caso degli scrittori. Secondo lo psichiatra Enrique González Duro non è una mera casualità: Ci sono troppi esempi di autori curati, rinchiusi, a cui è stata diagnosticata qualche forma di pazzia perché la relazione tra letteratura e pazzia sia casuale. È curioso notare come in molte culture il pazzo sia un individuo ispirato, privilegiato, capace di percepire e di dire quello che altri non captano. Sempre si è cercata una connessione tra pazzia e arte. L’artista, con il suo lavoro, tende a crearsi un mondo interiore che lo allontani dalla realtà e se questo processo non ritorna al mondo reale sotto forma di prodotto artistico, si corre il rischio di rimanere intrappolati in questo mondo immaginario. In un certo senso si potrebbe dire che la creazione artistica libera dalla propria pazzia. Molti mostri sacri della letteratura hanno avuto una qualche forma di “disordine”: Friedrich Hölderlin era schizofrenico, parlava continuamente con se stesso in una lingua incomprensibile e solo dopo, a sera, scriveva poesie (serene, per ironia); Percy Bysshe Shelley soffriva di frequenti attacchi di melanconia, allucinazione e sonni letargici; l’umore di Byron cambiava spessissimo; Charles Baudelaire

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