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Se Schopenhauer dice che "Leggere fa male"…

… Leggiamo diversamente! Si tratta di una riproposizione di un tema sempre caldo, a maggior ragione in tempi di acuta “riscoperta della lettura”. In momenti nei quali si amplia il divario tra chi legge abitualmente e chi non lo fa, ma soprattutto cresce il numero di opere “divorate” dai “lettori cronici” ( o almeno questa è la mia personalissima percezione, favorita dalla “democratizzazione” di tablettes e facilitata disponibilità di titoli conseguente), mi piace giocare a gettare il sassolino nel lago e aspettare le onde che produrrà, seguendo i dettami di un certo pensiero filosofico africano . Lungi da ogni intento provocatorio, peraltro debole già in partenza, che molto probabilmente animava il pezzo di Luigi Mascheroni all’ora della sua uscita, nel lontano 28 ottobre 2008, devo ammettere che sono stata incuriosita dalla maniera di porre il problema. Sembra infatti che lo stesso Schopenhauer facesse “parte della setta” prediligendo una sorta di “lettura sottile”, capace di scongiurare i rischi nascosti dietro i libri inutili, la malaerba , gli ammassi insulsi di parole che troppo spesso popolano gli scaffali delle librerie e che, probabilmente, non sono un fenomeno solo contemporaneo, come si potrebbe credere. […] Schopenhauer è implacabile: dice che leggere paralizza la fantasia, che siamo circondati da «cattivi libri» («nove decimi della nostra attuale letteratura non ha altro scopo che spillare qualche tallero dalle tasche»), che occorre leggere solo i classici e semmai rileggerli due, tre, quattro volte. Perché la vera letteratura «produce in un secolo in Europa solo una dozzina di opere durature». E poi è anche questione di tempo: «Sarebbe una bella cosa comprare i libri se si potesse comperare il tempo per

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"Il piacere dell’onestà" di Pirandello, nelle parole di Gramsci

Il piacere che accompagna il ritorno in una delle case dove hai vissuto, soprattutto se gli anni passati tra quelle mura non si misurano semplicemente in termini di tempo, ma di crescita e di esperienza, come avviene solo nell’adolescenza e nella prima giovinezza, è anche quello di ritrovarne la libreria. “Mettere il naso” tra quella carta tante volte sfogliata non impedisce di imbattersi in tesori dimenticati. Un po’ quello che mi è successo per caso stamattina, quando l’occhio è caduto su un libricino rosa salmone. Quasi un opuscoletto talmente striminzito, e dalle pagine leggermente avvizzite, che non ci fai caso. E invece… …ci ho trovato dentro ben più che il testo della commedia “Il piacere dell’onestà” di Luigi Pirandello : l’articolo scritto a caldo da un critico teatrale d’eccezione come Antonio Gramsci ! Un breve scorcio della serata del 25 novembre 1917, che trasmette il piacere di assistere alla prima dello spettacolo messo in scena al Teatro Carigliano di Torino, in una maniera talmente viva da farcelo quasi immaginare, quel Gramsci in poltrona con gli occhi ben spalancati, che si può solo intuire nello sguardo intenso di Leo Gullotta . […] Arrivati a questo punto di scomposizione e di dissoluzione psicologica, la commedia ha uno svolto pericoloso, e un po’ confuso. Le reazioni sentimentali hanno il sopravvento: la bricconeria effettiva del marchese Fabio prende un risalto di una evidenza umoristica catastrofica, e la moglie putativa diventa moglie effettiva e appassionata del

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"La giusta parte. Testimoni e storie dell’antimafia" a cura di Mario Gelardi

“La giusta parte. Testimoni e storie dell’antimafia” è un libro scomodo, come lo sono tutti quelli che raccolgono confessioni e ricordi che una certa parte, sicuramente non coincidente con “la giusta” del titolo, vorrebbe fossero inceneriti per sempre. Ma l’antologia curata da Mario Gelardi per la Collana Simgoli di Caracò Editore , va proprio nella direzione opposta. È un lavoro che si rivolge all’importanza della trasmissione di certe esperienze cruciali, un’affermazione insomma, che si oppone al silenzio, come recita la dedica: Un libro dedicato a tutti quelli che credono che combattere le mafie sia sempre compito di qualcun altro. Perché nonostante i fiumi di polemiche mediatiche, nonostante le numerose accuse (in buona e cattiva fede) che vedono negli…

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I protagonisti dell’editoria sul Manifesto, ovvero un bel reportage soltanto a metà

Sulle pagine del quotidiano Il Manifesto, per quasi tutto agosto, è stato dato spazio alle voci di alcuni dei protagonisti del mondo editoriale italiano – agenti, editor, redattori, grafici, revisori, uffici stampa – personaggi che solitamente agiscono nell’ombra , almeno per chi non conosce dall’interno il settore, e il cui punto di vista è molto interessante per capire meglio come funziona l’editoria italiana. Da poco più di una settimana, questo reportage a puntate è disponibile online sul sito della Generazione TQ . Oltre a consigliarvene la lettura, assolutamente interessante, vorrei metterne in luce un forte limite che mi sembra altrettanto interessante e significativo per comprendere alcuni problemi ancora irrisolti che affliggono l’editoria italiana contemporanea e, più in generale, l’intero sistema culturale italiano. Scorrendo i nomi e i ruoli dei personaggi chiamati in causa per costruire questo reportage, infatti, non posso non accorgermi della evidente mancanza di considerazione per una parte decisiva dei lavoratori dell’industria editoriale, i lavoratori precari . Se infatti i direttori di collana, gli art director, i traduttori, i capiredattori o gli editor invitati a dire la loro dal Manifesto, pur essendo spesso invisibili per lettori, vedono il proprio lavoro giustamente riconosciuto, esiste una schiera immensa di lavoratori precari del settore che non si limitano ad essere invisibili per i lettori, ma che spesso sono invisibili anche per i propri datori di lavoro, almeno a giudicare dalla mancanza di contratti e di stipendi commisurati alla quantità e all’importanza del lavoro svolto. Eppure questo piccolo grande esercito di lavoratori precari dell’editoria non è nemmeno preso in considerazione dal reportage di Francesca Borrelli, ed è un vero peccato. Soprattutto perché, almeno secondo il mio parere, “i protagonisti di un lavoro che è ancora in grado di mobilitare parole come passione, senso, entusiasmo, persino idealismo, sebbene temperato a volte crudelmente dalla fatica”, per usare le parole della stessa Borrelli, non sono soltanto i Franchini, i…

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