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Nikolàj Leskòv, Lo scacciadiavolo

Corruptio optimi pessima. Se è vero che, grazie alla corruzione, ciò che era ottimo diventa pessimo è anche vero che è ancora peggiore se i due aspetti convivono in una stessa persona che ad alcuni si mostra ottima e ad altri pessima. È un po’ questa la scoperta che fa il protagonista del racconto Lo scacciadiavolo di Nikolàj Leskòv (1831-1895) pubblicato da poco da Mursia in un agile testo a sé stante nella collana IL PICCI one. La storia inizia quando una madre invia suo figlio dallo zio perché lo aiuti nella vita studentesca a Mosca. Del resto questo zio è un “uomo timorato di Dio” con “un certo peso a Mosca” tanto che “è ricevuto anche dal governatore generale e dal metropolita: tutte credenziali che fanno ben sperare che il santo esempio dello zio gioverà al nipote. Solo che l’ignaro ragazzo si troverà dinanzi a una situazione veramente grottesca: lo

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Nikolàj Leskòv, Lo scacciadiavolo

Medioevo romantico, di Paolo Golinelli

A voler ben guardare, cos’è che unisce noi italiani in un’unica identità? Di primo acchito verrebbe da dire: poco o nulla. Poi magari ci si pensa e iniziamo a trovare varie motivazioni. Dalla geografia particolare che definisce bene i confini all’unità religiosa (il cattolicesimo, con tutti i suoi pro e i suoi contro): in mezzo, una marea di di motivazioni, più o meno condivisibili. Ma c’è qualcosa di più profondo? Paolo Golinelli, ordinario di storia medievale e didattica della storia all’università di Venezia, individua il collante dell’identità nazionale nel Medioevo. Così lontano nel tempo? Secondo Golinelli sì e gli argomenti che porta a sostegno della sua tesi sono affascinanti e condivisibili. Golinelli, rifacendosi a Ludovico Antonio Muratori, vede nel Medioevo “le origini delle nostre tradizioni, dei nostri costumi, delle nostre leggi, della nostra letteratura”. Ed è proprio nella letteratura la chiave di volta dell’unità nazionale italiana: La presenza di una letteratura nazionale, con la sua capacità di veicolare narrazioni, esempi eroici, interpretazioni e ideali attraverso i mezzi più diversi – dalla scrittura alla trasmissione orale; dal teatro alle immagini, alla musica – nei qual gran parte del popolo si identificava, costituì il cemento unificatore della nostra nazione. C’è quindi un forte nesso tra Medioevo e Ottocento italiano, testimoni di un duplice “risorgimento della nazione” […]: il primo di carattere linguistico e culturale, il secondo approdato all’indipendenza e all’unità nazionale. Del resto, Alla base dell’insegnamento della scuola del tardo Ottocento e fino almeno alla fine del Novecento esisteva un “canone” di testi che costituivano il background culturale degli Italiani […], che apprendevano …

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Medioevo romantico, di Paolo Golinelli

Pescatori d’Italia, di Roberto Gabellini

Ho pensato al Purgatorio di Dante nel leggere il bel libro di Roberto Gabellini dal titolo Pescatori d’Italia. Storie sul bordo del mare pubblicato da Mursia . Nel canto VIII della seconda cantica, l’Alighieri descrive il tramonto e l’innalzamento della preghiera serale: Era già l’ora che volge il disio ai navicanti e ‘ntenerisce il core lo dì c’han detto ai dolci amici addio; e che lo novo peregrin d’amore punge, se ode squilla di lontano che paia il giorno pianger che si more; quand’ io incominciai a render vano l’udire e a mirare una de l’alme surta, che l’ascoltar chiedea con mano. Ella giunse e levò ambo le palme, ficcando li occhi verso l’orïente, come dicesse a Dio: “D’altro non calme”. Questo senso di attesa, di meraviglia, di occhi che si alzano al cielo e scrutano lontano ben si coglie negli otto racconti e trenta foto di volti di pescatori che compongono il libro di Gabellini. Si narrano storie di mare e pescatori, di persone che vivono nel mare e di quanti aspettano a terra con quel bordo che fa da divisione e, al contempo, da unione. Tra le otto storie sul bordo del mare ho trovato particolarmente intensa Il sole di fronte che, in una sorta di rimpallo tra mare e terraferma, intesse il destino delle persone. Affascinante, poi, l’ultimo racconto: Il colore del mare . L’aveva sognato. Il mare, tutto, di un bianco opaco però, non brillante; ovunque lo stesso e chissà fino a dove. La barca soltanto era nera, o solo più scura, come un’ombra sottile oppure un giocattolo fragile che si muoveva su e giù. A un certo momento, nel sogno, si era alzata improvvisa un’onda gigante, ma senza la solita cresta di schiuma, quasi a convincerlo che non era cattiva, che non avrebbe fatto mai del male a nessuno. Poi, si era caricata la barca e con quella, lenta, era sparita alla vista. …

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Pescatori d’Italia, di Roberto Gabellini