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Una ballata inedita di Stevenson mette faccia a faccia il pirata e il farmacista

Ci piace immaginare la scena. Robert Louis Stevenson a Davos, in Svizzera, piegato dinanzi ad un piccolo torchio da stampa insieme ad un ragazzino di nome LLoyd, figlio dell’amata Fanny che ha sposato nonostante i dieci anni che li separano. Sono entrambi intenti al gioco dell’editore, solo che le parole per accompagnare le immagini fornite con lo strumento le scrive Stevenson. Il duo “Osbourne&Co”, guadagnerà qualche soldo stampando volantini e libretti per il vicino Hotel Belvedere. Le pause della composizione de “L’Isola del Tesoro” si riempiranno così di “Moral Emblems” incisi sul legno, brevi componimenti in rima che sono un balsamo per le meningi affaticate e un fiorente esercizio che darà vita “The Pirate and the Apothecary” (del 1882), una ballata scritta e illustrata proprio a Davos, ma non stampata. Dettagli fondamentali che ci arrivano dritti dalla post-fazione, scritta da Henning Wagenbreth (alla quale si devono anche la grafica e le illustrazioni) e tradotta in italiano da Carla Ghisalberti. Mentre cura la sua tubercolosi nell’aria pura …

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Il Master di Ballantrae, di Robert Louis Stevenson

È lo stesso Robert Louis Stevenson ad autorizzarci a leggere il suo romanzo Il Master di Ballantrae dalla fine. O meglio a leggere prima l’epistolario e il racconto di Stevenson sulla genesi dell’opera, entrambi inediti in Italia che troviamo nell’edizione di Nutrimenti, da poco in libreria. L’appendice di questa nuova edizione dell’opera di Stevenson, infatti, riporta dei documenti interessanti che squarciano un po’ il mondo intimo dell’autore e ci fanno capire come nasce un libro. Racconta Stevenson: Una sera

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Il Master di Ballantrae, di Robert Louis Stevenson

La classifica dei venti libri scritti sotto l’effetto di droghe e stimolanti

A volte gli scrittori ricorrono a qualche sostanza per stimolare la propria prosa e tenere desta la creatività. È una cosa logica: il cervello non sempre funziona al massimo livello e l’autore, che dell’ispirazione vive, deve trovare il modo che il suo cervello lavori sempre al top. Ci sono scrittori che sono stimolati dalla musica – in genere o da un tipo particolare –, altri che fumano, altri al caffè. Tutte situazioni ben note e che sono entrate anche nell’immaginario comune: basti pensare a quello spot televisivo di uno scrittore che ama scrivere di notte e fa ricorso a una nota marca di caffè decaffeinato. Charles Bukowski alzava il gomito che era una bellezza (sua la frase: “ Quando sei felice bevi per festeggiare. Quando sei triste bevi per dimenticare, quando non hai nulla per essere triste o essere felice, bevi per fare accadere qualcosa ”); William Cuthbert Faulkner (premio Nobel per la letteratura 1949) amava il whisky; Raymond Chandler (1888-1959) preferiva il cocktail gimlet e Truman Capote era un fan del Martini. Grazie agli “aiutini” più di una volta questi – e altri – scrittori sono riusciti a innalzarsi sul banale che spesso si legge. Certo non è sufficiente ricorrere a una qualche sostanza per stimolare la fantasia: come recita un detto dell’università di Salamanca, in Spagna: “Quod natura non dat Salmantica non praestat”. Insomma, se non c’è una base da stimolare, ci si può pure intossicare ma non si ottiene nulla. Ci sono, poi, autori che sono andati molto più lontano, alterando la propria coscienza giungendo fino a una sorta di contaminazione tra lo stato alterato che vivevano e quello che scrivevano: Baudelaire assumeva hashish per scrivere I paradisi artificiali ; William Seward Borrough fece ricordo all’eroina per scrivere La scimmia sulla schiena , così come la utilizzava Jim Carroll per scrivere Jim entra nel campo di basket (1978); Jack Kerouac usò anfetamine per scrivere Sulla strada . Infine abbiamo autori che batterono sentieri più psichedelici: quasi psiconauti della scrittura che viaggiarono in altre dimensioni…

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Robert Louis Stevenson compie 160 anni e Google lo ricorda

Il 13 novembre di 160 anni fa nasceva a Edimburgo lo scrittore Robert Louis Stevenson . L’anniversario è ricordato anche da Google che gli dedica un doodle che campeggia su tutte le pagine del motore di ricerca (e che riproduciamo in apertura di post). Per via dei suoi problemi di salute e del clima di Edimburgo, Robert Luis Stevenson viaggiò instancabilmente alla ricerca di climi più miti. Visse negli USA con sua moglie, Fanny Vandegrift, e da lì si spostò molto, fino a morire a Vailima (Samoa) per la rottura di un vaso sanguigno, mentre era intento a scrivere un racconto tragico sulla frontiera scozzese. Era il 3 dicembre 1894 e Stevenson contava appena 44 anni. Nelle isole Samoa era chiamato Tusitala , cioè Narratore di storie : ci può essere un

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