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Le sorgenti del male, di Zygmunt Bauman

Dodici densi capitoli compongono il saggio di Zygmunt Bauman dal titolo Le sorgenti del male edito recentemente da Erickson con la cura di Yong-June Park e con un’ampia introduzione di Riccardo Mazzeo. Il tema, come ben si capirà, è interessante e Baumann indaga vari aspetti delle sorgenti del male: dalla sua banalità – per dirla con Hannah Arendt – al come le persone buone diventano cattive. Del resto il problema dell’unde malum attraversa tutta la storia del pensiero umano e una risposta definitiva non si è ancora trovata, né si potrà trovare. Particolarmente intenso, a mio parere, è il decimo capitolo di questo saggio che analizza l’abitudine che desensibilizza. Scrive Bauman: Le atrocità non si autocondannano e non si autodistruggono. Al contrario, si autoriproducono: ciò che una volta era un inatteso terrificante scherzo del destino e un trauma (una scoperta orribile, una rivelazione raccapricciante) degenera in un riflesso condizionato di routine. Hiroshima fu un trauma dagli echi assordantemente alti e apparentemente inestinguibili. Ma solo tre giorni più tardi, Nagasaki fu a malapena un trauma, che produsse pochi echi, seppur ne produsse. E poi continua: In altre parole, una catastrofe che duri a lungo traccia il solco della propria perpetuazione consegnando il trauma iniziale e la violenza all’oblio, indebolendo e appannando la solidarietà umana con le sue vittime, minando così la possibilità di unire le forse nel tentativo di allontanare vittimizzazioni future. Affermazioni tristemente vere che fanno riflettere, soprattutto se applicate …

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Le sorgenti del male, di Zygmunt Bauman

Cosa fare delle nostre ferite?, di Michela Marzano

Forse non ci siamo posti le domande proprio in questa maniera, ma quelle da cui parte Michela Marzano nel libro Cosa fare delle nostre ferite? probabilmente ci hanno interpellato qualche volta: Si può sul serio ridurre una persona a una “somma” di “competenze” più o meno sviluppate? Si può sul serio comprendere l’essere umano senza prendere in considerazione la sua fragilità e le sue ferite? […] Che cosa significa accettare, che cos’è l’altro? Accettare l’altro significa integrarlo? Si può dire che ci sia coincidenza tra accettazione e integrazione? Cosa si intende per “integrazione”? L’autrice – direttrice del dipartimento di scienze sociali e ordinario di filosofia morale presso la Sorbona di Parigi – con uno stile semplice e diretto cerca a rispondere a queste domande e, in generale, a quella che dà il titolo a tutto il libro: Cosa fare delle nostre ferite? La fiducia e l’accettazione dell’altro (a cura di Riccardo Mazzeo, Erickson edizioni – in libreria in questi giorni). L’aspetto che rende più…

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Cosa fare delle nostre ferite?, di Michela Marzano

Conversazioni sull’educazione, di Zygmunt Bauman

Vari sono gli aspetti che possono essere messi in evidenza del libro-intervista Conversazioni sull’educazione di Zygmunt Bauman in collaborazione con Riccardo Mazzeo, edito recentemente da Erickson. Mi soffermo su due che mi hanno coinvolto di più. Il primo aspetto riguarda la speranza. Nel dialogo che si intesse tra Riccardo Mazzeo e Zygmunt Bauman si respira la speranza per un futuro migliore. Difficile da attuare, certo, ma non impossibile. Questo è uno dei ruoli dell’educazione: formare alla speranza. Dice il celebre…

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