Category Archives: Letteratura

Scrittori piemontesi

Mi chiamo Iva Paola, divoro libri. Da un anno ho dichiarato guerra agli scrittori di romanzi stranieri compreso il famoso “Cacciatore di Aquiloni” letto ma “no comment” ed a parte Manfredi e Buticchi (io amo i romanzi storici) ed il nostro impagabile Faletti (ne consiglio la lettura) è nato un amore folle e divoratore di romanzi italiani contemporanei.

In primis, Gianni Farinetti, torinese, romanzi scritti dal 1996 al 2000. Da divorare!!!
“Un delitto fatto in casa” 1996
“L’isola che brucia” 1997
“L’ombra del vulcano” 2000
“Lampi nella nebbia” 2000
Leggine uno e ti troverai Farinetti-dipendente.

Altro scrittore da ricordare è Nico Orengo, nato a Torino.
Ti ritrovi a ridere da solo per la sua fantasia e la sua spiccata originalità; racconta nei suoi romanzi complicazioni di famiglia, amori e tradimenti tanto gustosi e impegnativi in piccole città sulla costa ligure: Ventimiglia, Latte e stupitevi, la Costa Azzurra.
Consiglio di leggere tutti quelli che ho letto io!!!
“La guerra del basilico”, “L’intagliatore dei noccioli di pesca”, “Il salto dell’acciuga”, “Ribes”, “La curva del latte”. Per esempio.

Un’altra grande scoperta del mio anno sabbatico (guerra alla letteratura straniera) sono stati Fruttero e Lucentini (Fruttero nato a Torino, guarda caso). Romanzi gialli incredibili che coinvolgono personaggi di alto e basso rango (conosciuti? Direi di si). Una scrittura romantica perfetta a letto con gli occhiali e due occhietti che si chiudono e implorano ancora una pagina.
Conclusione: non riesci a smettere.
Conoscevo solo “La donna della Domenica”, fantastico (ne hanno ricavato anche un film) ma leggete anche “A che punto è la notte”, incredibile.

Dell’ultimo libro mi sfugge il titolo: ahh l’età!
Lo scrittore è Fruttero perchè Lucentini purtroppo è morto: è un giallo solo femminile, inutile dire svolto nella Torino bene, ve ne parlerò la prossima volta appena una mia amica distratta me lo restituirà.

E andiamo avanti con il mio desiderio di scoprire autori contemporanei italiani (novità!!): Pietro Soria, un grande giornalista, mi scuso ma come sempre di nascita torinese. Ho letto “La donna cattiva”: una vera scoperta, un altro magnifico romanzo giallo nella Torino bene.

Non vorrei annoiarvi con questa Torino e allora passo a Margherita Oggero e al suo “La collega tatuata”, divertentissimo, ne hanno tratto un film con Luciana Littizzetto, ma mi dispiace informarvi che anche la Oggero è nata a Torino!

Buona lettura, a presto.

Iva Paola Boggio

Eyes beyond the horizon

I wrote these lines thinking of a mother’s heart; she is watching towards the sea and beyond it, peeling the horizon with her wety eyes; while she’s shouting to herself, but whispering to her “migratory bird”, her child, – “why he would leave his nest to take a daring journey towards a distant land and weave a new nest there?”.

Why isn’t your country also your land?
oh you migratory bird
a swallow in search of summer,
an always thirsty violet,
a wavy sea that stamps the surge against itself,
a whirlwind that blows counter the Universe.
The wind has died away,
the sea has calmed his waves
drink, quench your thirst my violet,
come back my little bird
the summer just returned.

Ciljeta Luli

Passione

Passione 24.12.89

La voglia e il desiderio di…
soffocarti
annullarti
perdermi e poi ancora…

volerti, accarezzarti, stringerti, baciarti
distendermi con te…

librarsi, abbandonarsi, spaziare
ricongiungersi a te
per poi fuggire…

… qual mare in tempesta
lo guardi, lo ammiri
e ti attrae
per il suo impeto
la sua forza devastatrice…

e tu vuoi esserci,
fuscello in mezzo alla tempesta…

Sai che finirà
e la sua calma
e la sua dolcezza
ti culleranno
ti conforteranno
fino alla prossima tempesta

Alberto Coretti

– (uno stato d’animo
… tumultuoso …
come il mare in tempesta) –

Terre di confine – prima parte

Terre di confine
interland milanese
“quadro di un’esposizione”:
“increAzioni progetto terra-acqua”
brugherio settembre ottobre 2000

(scritto in occasione della
mostra increAzioni)

da un lato la strada: movimento
veloce intermittente tra alberi,
convessità del terreno e percorsi
umani
?
periferia
banlieue
zona limitrofa
cintura
?
o semplicemente luogo
di transizione
di un’epoca che lascia i suoi
segni ovunque

Un tempo campagna abbandonata per concentrazioni urbane che oggi si ridilatano assoggettando sistematicamente ai propri schemi tutto ciò che incontrano. Qui però non si respira del tutto la desolazione periferica delle grandi metropoli postindustriali, più visibile in altri paesi o da certi percorsi trasversali ferroviari e autostradali (umani?), o ancora, più interna alle metropoli stesse “per contr/addizione” o distratte sovrapposizioni consecutive.

Si intravede cioè una specie di resistenza ad una trasformazione totalizzante, funzionale ma troppo spesso speculativa, omologante, che in italia ha trovato opposizione anche nell’abitudine a dover fare i conti quasi ovunque con realtà artistiche delle più disparate (o disperate”?”) epoche.

Quartiere dormitorio ma non proprio dunque, dove il decentramento come idea di contemporaneità contrapposta al centro: di controllo, di potere: economico, religioso, vorrebbe rincorrersi democratico oltre che speculativo (e/o ulteriore affermazione di un “potere del centro” a cui tutto dovrebbe sottomettersi, più gerarchico che
utilmente funzionale).

Luoghi che iniziano appena ad interagire con una propria identità con i vecchi progetti. Disegni di un passato remoto o prossimo che, realizzati o meno, risultano ascrivibili a realtà da troppo tempo condizionanti, riferimenti ormai fin troppo percorsi.

Crisi ed indizi di un superamento, come se ad un tratto ci si accorgesse che non esiste un aut aut applicabile a tutto ma che talvolta possono e devono convivere realtà differenti, parallele.

Qui l’opposizione ad una sistematizzazione completa è visibile non tanto nella struttura urbanistica che non viene messa in discussione alla radice ma tra le maglie di questo stesso sistema urbanistico non contraddetto. Nella presenza di spazi più ampi tra i vari stabili e aree commerciali, nella cura che, oltre ad essere maschera, puro decoro difensivo restituito ad una società aggressiva che lo esige, talvolta emerge tra i balconi nella semplicità di una
soluzione, nel particolare che infrange un “voler essere sempre altrove” della vecchia campagna svuotata e reinvasa permane ciò che si è sottratto alla storia nel ritmo assorto, quasi riflessivo, in un “senso proprio”, ancora percepibile, di un luogo, anche ma non del tutto, di “passaggio-parcheggio”.

Il ritmo assorto, si potrebbe dire saggio, di chi per troppe generazioni ha subito e deve ancora-e-sempre trovare un modo per sopravvivere caricandosi del peso di una realtà speculare a qualcosa che non sempre lo riguarda ma lo identifica.

Contraddizione da sempre giocata tra l’inconscia umiliazione dell’esiguità di un compenso troppo spesso misero e l’unicità di tempo e contenuto di una vita; tra un passato in cui alla totale disponibilità richiesta corrispondeva l’usa e getta di intere generazioni (date in pasto a guerre, povertà, ignoranza, ristrettezze).

Questi in ogni caso sono i margini ristretti che attestano questa resistenza: la volontà concreta, appena leggibile, tra mille messaggi contraddittori, di sottrarsi allo stress biologico a cui è sottoposto l’uomo contemporaneo (e non solo). Nei limiti cioè di un leggero scarto temporale al ritmo imposto o nei tentativi appena percepibili di sottrarsi all’appiattimento della pura obbedienza. Solo indizi ma centrali. Non è infatti l’esiguità di concretezza nel denunciare un problema a dover essere giudicata come irrilevante, quanto la necessità umana che questo rappresenta.

Soprattutto quando la portata di un’altra concretezza schiacciante, quella di un intero sistema, rende quasi illeggibile
ogni opposizione.

– continua –

Paola Zorzi