Un paio di critiche e un augurio alla GenerazioneTQ

Da qualche mese un fantasma si aggira per l’Italia. Era infatti l’aprile scorso quando un gruppo di intellettuali e lavoratori della cultura si sono riuniti a Roma lanciando qualcosa che somiglia a un movimento, ma che forse non lo è fino in fondo. Almeno non ancora. Forse l’avrete già capito, sto parlando della GenerazioneTQ , il “movimento di lavoratori e lavoratrici della conoscenza trenta-quarantenni”, così si definisce, che è riuscito a innescare un bel dibattito sul ruolo degli intellettuali in Italia e sul futuro di questo nostro paese. Nelle ultime settimane il dibattito sta procedendo sospinto da contributi e articoli pubblicati su alcune riviste specializzate, per esempio Alfabeta2, e su qualche blog, in primis il blog GenerazioneTQ , che colleziona tutti i pezzi del grande mosaico che si sta formando in rete permettendo di avere uno sguardo d’insieme sui “lavori in corso” e sugli sviluppi del dibattito. Condividendo con i TQ l’età – mi manca poco più di un anno a compiere trent’anni – l’ambito lavorativo, le difficoltà esistenziali che ne derivano e dunque buona parte delle battaglie che i TQ pongono all’ordine del giorno, vorrei gettare nel calderone ribollente del dibattito in corso un paio di critiche che spero possano essere costruttive per proseguire al meglio una battaglia che, ripeto, condivido in pieno. Partirò dalla prima, vale a dire quella che riguarda la tendenza alla chiusura da parte del gruppo, una tendenza che esiste già a partire dalla sua definizione “esclusiva” di Trenta-Quarantenni, una definizione che esclude completamente una parte consistente dei giovani, quelli tra i 24 e i…

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