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L’attualità di Pier Paolo Pasolini: sullo Sviluppo e su un "nuovo Potere" fondato sull’edonismo e il disimpegno

La mattina del 2 novembre di 36 anni fa il corpo di Pier Paolo Pasolini fu ritrovato sulla spiaggia dell’idroscalo di Ostia, ucciso a bastonate e investito dalla sua stessa macchina. Uno dei modi per ricordare PPP,uno dei più acuti analisti che l’Italia abbia avuto nella sua storia recente, è risentire le sue parole – come ci ha invitato a fare Roberto nel suo articolo di questa mattina – un’altro è rileggere ciò che ha scritto, non solo per ricordarlo, ma in qualche modo anche per riavvicinarlo a noi. Per questo vi voglio proporre la lettura di un pezzo che Pasolini pubblicò a circa un anno e mezzo dalla sua morte, sulle pagine del Corriere della Sera (che impressione pensare che trent’anni fa sul Corsera ci scrivevano intellettuali di questa portata). Si tratta di un articolo poi incluso negli imperdibili Scritti corsari, dedicato a una tendenza di cui Pasolini vide la nascita: vale a dire «l’omologazione repressiva» ottenuta attraverso «l’imposizione dell’edonismo e della joie de vivre». Questa omologazione repressiva era messa in pratica da un nuovo potere di cui Pasolini riusciva a intravedere soltanto il profilo, «un tutto (industrializzazione totale), e, per di più, come tutto non italiano (transnazionale)». Non riusciva ancora a dargli un nome e una forma, ma ne aveva già intuito la malattia: «la sua smania, per così dire cosmica, di attuare fino in fondo lo Sviluppo, produrre e consumare», ovvero la base del sistema che ci sta portando in questi mesi verso un baratro di cui non possiamo ancora valutare la profondità, ma che è, nondimeno, spaventoso. In queste ore la Grecia sta letteralmente crollando, l’Italia la segue a una certa distanza, ma la segue inesorabilmente, insieme al Portogallo, alla Spagna, all’Irlanda, finanche alla Francia – che non se la passa così bene come crediamo. Insomma, mi sembra che tutto ci porti a pensare che quella dinamica di cui Pasolini ci descrisse la nascita, a…

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Aspetta primavera, Lucky, di Flavio Santi

Sì, ogni tanto parlo anche da solo, per farmi compagnia, che male c’è?, il traduttore è il portiere di notte della letteratura, solo e malinconico come il guardiano notturno di un grande albergo. Un libro per cui nel mio piccolo faccio il tifo, sperando riesca ad acquisire sempre più visibilità (è stato candidato da due “amici della domenica” al Premio Strega) è questo Aspetta primavera, Lucky (a pensarci bene era destino che dovesse piacermi, visto che riprende nel titolo il mio…

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Ripescaggi: Il Caos, di Pier Paolo Pasolini

In realtà è un caso che, giusto un paio di giorni fa, a poche ora dall’anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini ( di cui abbiamo parlato qui ), mi sia capitato tra le mani, mentre scandagliavo nella mia disordinata libreria alla ricerca di un libro scomparso, Il Caos, vale a dire la raccolta dei pezzi che PPP ha pubblicato sulle pagine della rivista Tempo tra il 1968 e il 1970. Si tratta di articoli, commenti all’attualità, discorsi sull’arte, sul cinema e sulla letteratura, che, come spesso fanno le prose giornalistiche di Pasolini, colpiscono duro e che hanno spesso come minimo comune denominatore la “violenza contro la borghesia”, come dice lo stesso Pasolini nel suo primo intervento – del 6 agosto 1968 – utilizzato a mo’ di introduzione. Dallo scambio epistolare con Leone, a quell’epoca presidente del consiglio (ve lo immaginate ora Berlusconi che risponde a Moresco?), alla presa di posizione durante il Festival di Venezia – in piena “contestazione” – al rapporto tra intelletualità e televisione, dal caso Panagulis fino alla strage di Piazza Fontana, in queste rubriche settimanali Pasolini non risparmia niente e nessuno, e soprattutto, non si risparmia, spesso si apre al lettore svelando una straordinaria tenerezza, altre volte si sfoga – gli articoli dulla vicenda di Teorema per esempio, pellicola in quel periodo sequestrata e vietata. Il Caos, insomma, rappresenta quello che abbiamo perso, vale a dire una classe intellettuale conscia del proprio ruolo, capace di interpretare la realtà e di non semplificarla e banalizzarla, uomini come Pasolini, insomma, che una volta potevano scrivere i loro articoli su testate di prim’ordine – finanche al Corriere della Sera – e che oggi, se ancora ne esistono, sono ostracizzati dalle posizioni che contano, relegati spesso ai margini della vita sociale, senza la possibilità di parlare al proprio pubblico elettivo, alla gente. E un intellettuale staccato dalla realtà, non vale niente. Ripescaggi: Il

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Ripescaggi: Il Caos, di Pier Paolo Pasolini