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La fuga narrativa, di Tom Stafford

La fuga narrativa di Tom Stafford è uno dei saggi più interessanti che io abbia letto negli ultimi tempi e credo che chiunque viva nell’orizzonte del libro (scrittore o lettore, editore o libraio) dovrebbe leggerlo. L’argomento del saggio, come dice Stafford stesso, non è dei più facili ma è, certamente, dei più affascinanti: quale rapporto abbiamo con le storie e con chi ce le racconta? “La capacità di costruire di punto in bianco un’intera realtà, per quanto instabile, dimostra che la mente non è solo una macchina sensoria. La sua attività più profonda è tessere storie probabili o solo possibili. È questa la funzione lasciata a briglia sciolta nei sogni. Avrete forse intuito che dal mio punto di vista una delle scelte più importanti riguarda il modo di descrivere il mondo, la storia di cui lo rivestiamo. Se deleghiamo ad altri questo compito, le scelte che faremo saranno le loro.” In filosofia della conoscenza esiste il cosiddetto problema del ponte : come faccio io a sapere che effettivamente quello che vedo è la realtà? Passando dalla filosofia alla lettura e alla scrittura: come faccio a descrivere quello che c’è nel mondo? Come faccio a riconoscerlo quando lo leggo? Scrive Tom Stafford: “È necessario descrivere il mondo per dargli un senso. Queste descrizioni diventano quindi simboli potenti […] Nella vita reale, quella di tutti i giorni, le descrizioni del mondo, i racconti, abbondano, e sgomitano per guadagnarsi la…

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A un sogno dal mare e nell’oblio dei monti. Dialoghi con Anna Maria Ortese, di Mauro Salvi

“Il dolore ti colpisce ai fianchi, ti smangia, ti consuma, e ti rende l’uomo, la donna che sei e che non ti resta che essere”. “Anche l’amore fa così. Lei parla del dolore ma descrive l’amore”. “Ordiniamo da bere”, disse” Erano di questo tono i dialoghi fra Anna Maria Ortese e un aspirante scrittore, Mauro Salvi, che seppe portarla fuori dalla sua dimensione, per qualche giornata, durante i suoi ultimi anni di vita. Un incontro nato con una lettera in cui Salvi le chiedeva un parere sui suoi scritti. Ortese gli rispose lasciando trapelare la devastazione della sua vita presente, chiusa in casa fra “…..” con la sorella oppressa da problemi mentali (la chiamava Trude, con lui). E Salvi la interpretò come una richiesta d’aiuto. Della donna, non della scrittrice. “Quando la conobbi, nel 1986 – racconta l’autore – Anna Maria Ortese era una donna anziana. Nel suo appartamento di via Mameli, a Rapallo, tirava avanti un’esistenza qualunque; non viveva nel presente e non rimpiangeva il passato, non si riconosceva nella ‘modernità’ ma non poteva fare a meno della città, del rumore, della gente”. Ed è una vera scoperta leggere queste pagine, per chi ha amato questa autrice, perchè Salvi riesce a compiere il miracolo: farla parlare degli stati d’animo in cui scrisse le sue opere più famose (“il Porto di Toledo è il mio libro migliore…lo scrissi in punta di piedi, come si dovrebbero scrivere i libri che valgono qualcosa”) o semplicemente dei suoi gusti in fatto di sigarette (ne fumava due pacchetti al giorno, anche di più – confessò – se scriveva. Perchè se le dimenticava accese sul posacenere). Della sua scelta di non fare bambini (“il dolore di una nuova vita si sarebbe sommato al mio dolore”), del suo rapporto con gli …

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Attorno a questo mio corpo. Ritratti e autoritratti degli scrittori della letteratura italiana

Sono rimasta davvero folgorata dall’idea che sta dietro questo bel tomone edito da Hacca edizioni. Un’antologia di contributi critici – da Raffaele Manica a Giulio Ferroni, o Paolo di Paolo – a cura di Laura Pacelli, M. Francesca Papi e Fabio Pierangeli, che mette in scena ‘il corpo’ dei più importanti scrittori della nostra letteratura. Come? Riportando ritratti che degli autori in questione fecero altri scrittori, oppure brani in cui essi parlano della loro concezione del corpo, o del loro stesso corpo. Il volume sarà in libreria a gennaio, ed è davvero una miniera di informazioni sull’argomento. Scopriamo così che Giordano Bruno era “omo piccolo, scarmo, con un poco di barba nera”, mentre Gabriele d’Annunzio, il Vate con la passione per lo sport, “non era prestante, tutt’altro…alto un metro e cm 64, pesa kg 75″, scriveva il fedele factotum Tom Antongini. Invece Fenoglio aveva un naso “prominente, sgraziato, affilato di sopra e poi gonfio come una cipolla sulla punta, con due narici lunghe, tanto da ricordare, come lo scrittore amava dire, quello proverbiale di Cyrano”. Dante poi pare fosse proprio un bell’uomo, molto alto per la sua epoca (più di un metro e 70). Oltre a questi dati che vi segnalo per mera curiosità, specifico però che ogni singolo contributo ci consegna un vero ‘ritratto letterario’ dell’opera dell’autore in questione. Infatti, come scrive Roberto Mosena, “l’interesse per il corpo degli scrittori troppo spesso è rimasto concluso in una specie di descrittivismo aneddotico…(la gobba di Leopardi, le coste di d’Annunzio, gli attributi virili di Campana)…Mentre è più raro domandarsi se esista una relazione tra il corpo e…

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Libri per Natale per chi ama il cinema: cinque proposte

Cosa regalare a Natale agli amici cinefili? Ho chiesto qualche consiglio a Valeria Natalizia, uno dei redattori di un mensile di approfondimento sull’arte del cinema totalmente autoprodotto e autofinanziato, e di grande qualità, che seguo da tempo: Cinem’Art . “Premetto che a detta mia e credo anche di molti altri cinefili il libro più bello e importante riguardante il cinema mai pubblicato è “Il cinema secondo Hitchcock” di François Truffaut (Il Saggiatore). Bisogna tenere presente anche il fatto che quest’anno…

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