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Canzoni di sangue, di Fatima Bhutto

È un libro da leggere centellinandolo quello di Fatima Bhutto, sia per apprezzarne la prosa e la capacità di descrivere icasticamente il vissuto della sua famiglia, sia perché è un libro denso, una sorta di manuale di storia narrato in prima persona. Necessita, pertanto, di essere digerito. Canzoni di sangue. Ricordi di una figlia di Fatima Bhutto è stato pubblicato recentemente in Italia da Garzanti . Per capire l’ampiezza del narrato, basta aprire le primissime pagine e scorrere l’albero genealogico dei Bhutto di Larkana, i protagonisti del libro: ci si trova dinanzi a nomi che anche il più distratto ha sentito nominare qualche volta. Il libro, poi, va letto lentamente perché è un viaggio personale della scrittrice nella storia della sua famiglia e delle morti violente che l’hanno segnata (come leggiamo in sovraccoperta: “ Mio nonno Zulfikar Ali Bhutto giustiziato nel 1979. Mio zio Shahnawaz Bhutto ucciso nel 1985. Mio padre Mir Murthaza Bhutto assassinato nel 1996. Mia zia Benazir Bhutto assassinata nel 2007 ”): non si deve correre il rischio, pertanto, di leggere le Canzoni di sangue con una sorta di pregiudizio o di precomprensione. Per poter apprezzare pienamente la lettura di queste pagine, ci si deve lasciar guidare per mano dalla scrittrice, Fatima Bhutto. Perché è nel suo mondo, nei suoi ricordi di figlia, che entriamo. Quattro anni fa ho cominciato a ricostruire la vita di mio padre. Ho aperto polverosi scatoloni pieni di ritagli di giornale, lettere, diari e documenti ufficiali conservati e collezionati da vari membri della mia famiglia in più di quarant’anni. Ho ritrovato la sua vecchia cartella di scuola, conservata nella sua scatola originale, ho frugato nella memoria alla ricerca di nomi di amici e compagni di scuola […] Le ricerche sul passato di mio padre mi hanno portato in giro per tutto il Pakistan, dalla nostra casa di Karachi alle vette della …

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La mappa del destino, di Glenn Cooper

Una grotta, una comunità monastica e degli archeologi concorrono a creare un intreccio narrativo avvincente e originale. La mappa del destino , ultima pubblicazione di Glenn Cooper , noto al grande pubblico per La biblioteca dei morti e Il libro delle anime , ripropone anche in questo romanzo una struttura cronologica complessa fatta di flashback nel passato, storico e preistorico, che contribuiscono a dare senso all’intreccio narrativo. Questo stile narrativo rappresenta la cifra stilistica dello scrittore e sceneggiatore newyorchese che riesce a dare alla pagina un respiro ampio senza mai cadere nell’ovvietà di certa letteratura di genere molto apprezzata dal mercato librario. Se si riproduce la vita di una tribù preistorica, non lo si fa

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Il Festival dei Fantasmi, di Rhys Hughes

Dopo “una piatta distesa di roccia levigata” che copre tutto il cielo, Rhys Hughes ci parla di un’altra distesa di roccia, che però sprofonda nelle viscere della terra. Se, infatti, ne Il disgregatore astrale la storia ruotava (o meglio: sottostava ) a un cielo che era diventato un unico pezzo di pietra, ne Il Festival dei Fantasmi – ultimo racconto di Hughes disponibile in eBook per 40K – siamo condotti dentro la terra e per poi tornare sulla terra e vedere le cose in un modo diverso. Una sorta di viaggio al centro della musica, infatti, è quello che compie il protagonista di questo racconto che si trova, inaspettatamente, a partecipare a un festival del tutto particolare e ad avere la possibilità di scoprire come è nata la musica, qual è stata la prima nota che ha fatto compagnia all’umanità. Sarà proprio un viaggio (metafora classica della conoscenza) che si svolgerà in tre giorni (quasi una novella morte e risurrezione del protagonista) che ci farà capire come è nata la musica. E forse sarebbe meglio non saperlo. Il nuovo racconto di Rhys Hughes inizia con tutta una serie di negazioni che fanno presagire un qualcosa che poi accadrà nel corso della narrazione e questo piccolo artificio letterario incuriosisce da subito. Ero andato ad …

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La fuga narrativa, di Tom Stafford

La fuga narrativa di Tom Stafford è uno dei saggi più interessanti che io abbia letto negli ultimi tempi e credo che chiunque viva nell’orizzonte del libro (scrittore o lettore, editore o libraio) dovrebbe leggerlo. L’argomento del saggio, come dice Stafford stesso, non è dei più facili ma è, certamente, dei più affascinanti: quale rapporto abbiamo con le storie e con chi ce le racconta? “La capacità di costruire di punto in bianco un’intera realtà, per quanto instabile, dimostra che la mente non è solo una macchina sensoria. La sua attività più profonda è tessere storie probabili o solo possibili. È questa la funzione lasciata a briglia sciolta nei sogni. Avrete forse intuito che dal mio punto di vista una delle scelte più importanti riguarda il modo di descrivere il mondo, la storia di cui lo rivestiamo. Se deleghiamo ad altri questo compito, le scelte che faremo saranno le loro.” In filosofia della conoscenza esiste il cosiddetto problema del ponte : come faccio io a sapere che effettivamente quello che vedo è la realtà? Passando dalla filosofia alla lettura e alla scrittura: come faccio a descrivere quello che c’è nel mondo? Come faccio a riconoscerlo quando lo leggo? Scrive Tom Stafford: “È necessario descrivere il mondo per dargli un senso. Queste descrizioni diventano quindi simboli potenti […] Nella vita reale, quella di tutti i giorni, le descrizioni del mondo, i racconti, abbondano, e sgomitano per guadagnarsi la…

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La fuga narrativa, di Tom Stafford