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L’uomo dei terremoti: Bendandi e il sisma dell’11 maggio a Roma

Undici maggio 2011, terremoto a Roma? La voce metropolitana si rincorre fra il popolo del web, e in molti casi la “profezia” viene attribuita al mitico Bendandi, sul quale è appena uscito il libro di Marco Palomba , dedicato a biografia e curiosità sulla figura dell’enigmatico “uomo dei terremoti”. Abbiamo intervistato l’autore, per chiedergli delucidazioni sulla fondatezza di questa “voce” di sciagura. Palomba, insomma: è possibile attribuire questa “profezia” al Bendandi? “Raffaele Bendandi ha lasciato più di cento previsioni di terremoti, e molte di queste si sono puntualmente verificate. Tuttavia, tra le sue carte, non vi è traccia di una previsione riguardante la città di Roma. L’allineamento planetario dell’11 maggio 2011 è stato rinvenuto parzialmente bruciato dal fuoco in quanto pochi giorni dopo la sua morte, nel 1979, qualcuno è entrato nella sua casa laboratorio è ha distrutto molti documenti tra cui proprio quelli riguardanti il 2011 e il 2012″. Quali i motivi per cui in molte sedi questa previsione è attribuita proprio a lui? “Tutta la vita di Bendandi è permeata di mistero. Sicuramente lo studioso aveva visto qualcosa di particolarmente grave per il 2011 e il 2012 tanto è vero che aveva scritto di suo pugno la frase “Distruggere nel fuoco” nella cartelletta che li conteneva. Poteva anche essere il sisma del Giappone (tra le sue carte c’è evidenziata la data dell’11 marzo) o quello della Birmania (anche la data del 23 marzo è riportata tra i suoi studi). Sicuramente non ci sono previsioni che vanno oltre il 2012 e questo ha probabilmente, ma siamo nel campo delle ipotesi, fanno nascere la psicosi da terremoto. E’ un allarme nato nella rete, tra i blog, di cui ripeto non vi è alcuna traccia ufficiale tra gli studi di Bendandi”. Perchè, in generale, la figura del Bendandi ha ancora tanto fascino per l’opinione pubblica? Il fascino di Bendandi è nel suo carattere schivo, taciturno, per …

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Una vita low cost, di Marco Mengoli

E’ una delizia questo “reality book” sul vivere low cost, firmato da un autore satirico italiano, Marco Mengoli, che ci fa sorridere con le sue peripezie da “peones” alla ricerca del vivere economico. Una versione all’italiana, insomma, della moda del risparmio a tutti i costi, che è una sorta di resoconto di viaggio nell’Utopia di una vita a basso prezzo. Si parte dai bar, ovviamente. Perchè se vuoi vivere azzerando o quasi le spese, proprio dalla colazione devi partire (farla a casa? Mannnò, e che italiano sei allora?) girando 15 bar e misurando i centimetri di tutti i bomboloni o cornetti della zona, al grido di “Hasta el low cost siempre!” (poco male se poi diventi talmente importuno da meritarti gli insulti del barista). Durante la spesa al supermarket c’è poi la pausa pranzo approfittando delle “degustazioni” del giorno; nel carrello, mi raccomando, sempre prodotti scelti fra gli scaffali più bassi (le marche maggiori, e più costose, pagano per essere più visibili). Si può risparmiare quando hai bisogno di andare in bagno, prima di iscriverti in palestra o se decidi che vuoi un cagnolino (sconsigliatissimo) rompendo le scatole a tutto e a tutti, con piacevoli effetti collaterali. Ad esempio se i jeans dell’anno precedente li vuoi arrotolare alle caviglie, d’estate, può darsi che ti capiti anche di essere alla moda. Magie del low cost, che avvengono anche quando si viaggia (mai sentito parlare di scambio pacchetti all inclusive a sorpresa – ovvero paghi una cifra bassissima e l’agenzia ti manda

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Una vita low cost, di Marco Mengoli

Padre Lino, fortemente indiziato di santità, di Giorgio Torelli

“Un vero sovversivo. Scalzo”. Così Epoca, in un articolo del 1973 a firma Giorgio Torelli, descriveva padre Lino Maupas, francescano “dalmata di bazza lunga e sandali sfondati che marciò infaticabile nelle strade di Parma tra il 1894 e il 1924”. Padre Lino che proprio nel 1924 morì d’infarto, nella portineria dell’imprenditore Riccardo Barilla, da cui era andato insieme a un disoccupato a chiedere – come aveva fatto per molti altri – che gli desse un lavoro. Padre Lino è rappresentato perfettamente dai sandali usurati in copertina di questo libro di Torelli. Sandali che lo hanno accompagnato per chilometri e chilometri di strade, tutte girate in tondo per la sua Parma, sandali esausti a fine giornata, ai piedi del suo giaciglio in convento e, più tardi, sulle soglie delle celle degli ergastolani dove passò le notti per lunghi anni. La sua prima tomba di legno vollero costruirgliela tutti insieme, i “suoi” quattrocento condannati a vita, che ebbero il permesso di portarla a braccio fin fuori dal carcere (ritornandosene poi dentro senza che nessuno tentasse la fuga, come riportano le cronache di allora). Padre Lino che rubava. Rubava di tutto, alla mensa dei suoi confratelli: pane, abiti, legna, maglie, tutto il cibo che poteva, per distribuirlo ai suoi “contatti” poveri. Una mensa ambulante, praticamente. Finchè un giorno non si azzardò a rubare anche i tessuti usati per le cerimonie sacre: i preziosi purificatoi (dei “riquadri candidi per detergere i calici” e gli amitti, “i fazzoletti di bucato che i celebranti recano al collo”). Li portò in una soffitta, dove aiutò a partorire una ragazza madre che non aveva niente di suo. “Bene, benissimo, arcibene – commenta il suo gesto mons. Esilio Tonini nella prefazione – perché tutto serve a Dio. Il bene di Dio è l’uomo. Il corpo di una donna fa parte del Cristo”. Impensabili lezioni di umanità e vera religione da un frate col nasone, che se glielo offrivano non …

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Ora che ci penso, di Michele Smargiassi

Un libro che segnalo e consiglio per chi come me ha amato Momenti di trascurabile felicità di Francesco Piccolo : Ora che ci penso, la storia dimenticata delle cose quotidiane , di Michele Smargiassi, articolista di Repubblica. Tante le piccole “cose quotidiane” che ci circondano, invisibili ormai all’occhio a causa dell’abitudine. Ma se all’improvviso sparissero del tutto non rischieremmo di sparire anche noi stessi, tanto fanno parte della nostra esistenza ormai? Certo, molte ne sono uscite (ricordate la carta carbone?), altre sembrano ormai relitti di un tempo che non c’è più (vi scambiate ancora biglietti d’auguri con immaginette sacre, per Natale e Pasqua?). Ci sono dettagli a cui non prestiamo attenzione ma che impregnano i nostri percorsi quotidiani, come ad esempio il gesto automatico di sorridere nelle fotografie (in quelle d’epoca non succede mai) o le musiche di sottofondo presenti in metro, ristoranti, sale d’attesa. Ad esempio, scrive l’autore, “c’è uno storico per ogni minima cosa nel gran bazar postmoderno”, scrive Smargiassi citando l’esempio di Joseph Lanza, storico della musica…da ascensori! Ed è impressionante pensare all’accumulo di segnali stradali nel nostro Paese: ce ne sono dodici milioni, “accumulati, sovrapposti, giustapposti uno nell’altro nell’arco di ben cento anni”: sono recenti infatti, perchè solo nel 1903 furono inventati da Luigi Vittorio Bertarelli, il fondatore del Touring club italiano (all’inizio erano in stile Liberty, pensate che belli). Altri oggetti che, appunto, non notiamo più, tanto ne siamo “assediati”. M. Smargiassi Ora che ci penso. La storia dimenticata delle cose quotidiane. B. Castoldi Dalai 18.50 euro Ora che ci penso, di Michele Smargiassi