Monthly Archives: Luglio 2013

Ludovica Amat, 60 giorni alla fine dei soldi per ripensare la crisi

Reinventarsi a quarant’anni passati, in una Milano sempre più vorticosa, ma meno ottimista, la sfida di un libro che scorre veloce come il conto alla rovescia che lo scandisce. “Luglio, col bene che ti voglio vedrai non finirà…” cantava Edoardo Vianello, e il nostro ingresso in questo primo mese completamente estivo del 2013 si accompagna ad un singolare conto alla rovescia, con il quale molti di noi stanno ormai imparando a fare i conti, riunito in una perla estremamente contemporanea come il testo di Ludovica Amat , dal significativo titolo: “60 giorni e finiscono i soldi” . Si tratta della storia di una donna attiva, libera professionista sulla quarantina passata, che si trova a far fronte ad una situazione del tutto nuova, segnata dall’ultimatum piuttosto perentorio della sua banca. Due mesi per ricominciare in una città che non aspetta come Milano, sei decine di lune per organizzarsi ed immaginarsi in una struttura quotidiana e professionale completamente ribaltata, poco più di otto settimane, per di più all’inizio del periodo estivo, nelle quali ricollocare le probabilità e adattarsi ad una flessibilità nuova e ancora più elastica. E così che, armata di una vena di grande autoironia e dopo un’iniziale scoramento intervallato da parecchie parentesi depresse e altalenanti, la protagonista avrà l’occasione di rivedere la sua stessa esistenza, tracciando un bilancio a tratti impietoso dei suoi anni lavorativi e rimettendo al centro passioni e competenze, tra progetti strampalati, un’esperienza nella promozione web da orientare di nuovo, una vita sentimentale piuttosto disastrata, qualche amico vero e tante conoscenze stimolanti. Sostenuta da un figlio disposto a mettersi ai fornelli e a passare sotto silenzio alcune ombrosità materne, da una sorella creativa e caotica fino all’estremo, persa tra storie d’infanzia rappresentate con la grandissima serietà di bacchette e lustrini e da un’ottima capacità di mettersi in discussione, al di là dei bastioni dell’orgoglio, imparerà a sgranocchiare la vita giorno per giorno…

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Martha Medeiros, angoli di poesia urbana in quel di Napoli

Angoli di poesia urbana spuntano un po’ ovunque nei tessuti cittadini italiani ed esteri, una testimonianza partenopea. Dopo Prévert sull’asfalto di Milano ci siamo imbattuti in un pannello luminoso a due passi dal caos del centro di Napoli , sulla scala che porta dritta ai treni della stazione Porta Nolana della Circumvesuviana , la rete ferroviaria locale che serve (non sempre nel miglior dei modi ad esser sinceri) la cintura dei comuni vesuviani, collocati come dice il nome, a mo’ di anello intorno a Vesuvio e a due passi dal mare, si possono scoprire inaspettati scorci lirici. Eccovi infatti qualche immagine dei noti versi dell’ Ode alla Vita di Martha Medeiros , indicazioni semplici eppure sempre così vere, sul senso più intimo dell’esistenza e sulla conservazione del significato più profondo che è sempre frutto di una ricerca inarrestabile. Il testo, spesso erroneamente attribuito a Pablo Neruda , appartiene in realtà all’estro e alla sensibilità della giornalista e scrittrice brasiliana classe 1961. Tratto da una sua poesia del 2000 (titolo originale “A Morte Devagar”). Ve la riportiamo a colpi di spezzoni, riuniti in quattro quadranti costruiti sullo sfondo di un paesaggio acquatico verdeggiante, per restituire alla vera autrice le sue parole e a tutti noi una leggera pausa di riflessione concentrata intorno alla domanda “Chi muore?” . Quadro 1 Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non rischia di vestire un colore nuovo, chi non parla a chi non conosce. Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero al bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all’…

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