Il catalogo degli addii di Marina Mander e Beppe Giacobbe

Un uomo, Peter Faraway, risponde a questo annuncio di “Le Monde”: “AAA. Cercasi redattore di sesso maschile per lettere d’addio (congedi d’amore, scuse in bella prosa e altre amenità). Inviare C.V. e eventuali referenze a: Éditions Plaisance 34, rue de la Plaisance 75014 Paris All’attenzione di: Nina Dermar” e viene preso. Non è una storia di precariato finita bene, ma il “motorino d’avviamento” del “ Catalogo degli addii ” di Marina Mander e Beppe Giacobbe (per le illustrazioni), un pregevole libro uscito dalla casa editrice “et al.”. Uscito prima in Francia (e questo dovrebbe far pensare) affianca alle bellissime tavole di Giacobbe le frasi di addio che questo Peter Faraway spedisce a Nina, creando così un romanzo bello e originale, con un finale come si deve. Il “Catalogo degli addii” risponde quasi a un intento fenomenologico: indgare (trovare) quali frasi vengono (o possono essere) usate quando si lascia una persona. Un libriccino della cosiddetta “varia”, se non fosse per le splendide illustrazioni, per l’esercizio di stile e per la struttura romanzesca che queste frasi vengono ad assumere nel libro. Il catalogo degli addii di Marina Mander e Beppe Giacobbe E bisogna fare i complimenti alla piccola “ et al. “, casa editrice fondata da Alessandro d’Alessandro, personalità dal lungo passato in Feltrinelli, per la cura riservata al libro e per l’idea di pubblicarlo. Il catalogo degli addii di Marina Mander e Beppe Giacobbe

Come funziona un libro?

Se vi è piaciuto il video di presentazione del libro , allora gusterete anche questo (non recentissimo, ma sempre attuale) in cui si spiega come funziona un libro. Il video originale è in norvegese, e questa è la versione doppiata in lingua italiana. Ci troviamo agli albori del libro quando tutti guardavano questa “cosa” come una novità strana rispetto ai classici e comodi rotoli: ricorrere all’help desk (!!!) quindi è la soluzione migliore per cercare di capire come funzioni la nuova tecnologia chiamata libro. Mentre lo guardate, provate a calare il video ai giorni nostri e sostituite al libro l’ eBook e ai rotoli il libro cartaceo : tutto calza a perfezione e la storia si ripete… Come funziona un libro?

Ludwig di David Albahari

Si viene assorbiti totalmente dalle pagine di Ludwig , testo di David Albahari, scrittore serbo tra i più apprezzati, edito recentemente da Zandonai . Il soliloquio dell’anonimo protagonista si basa tutto sul confronto-scontro tra lui e Ludwig, scrittore di best-seller ormai senza più idee ma sempre venerato da molti. La penna di Albahari riesce a vergare pagine intense in cui esplode tutta la solitudine e la rabbia del narratore per il suo ruolo subalterno nei confronti di Ludwig, narratore che, quasi come ultimo sberleffo, non ha nemmeno un nome, lui che è più bravo di Ludwig a scrivere ma che non ha mai avuto il suo successo: “La tazza del gabinetto è la misura massima della solitudine che può cogliere all’improvviso una persone. Non c’è nulla di più solitario e doloroso del chinarsi sulla tazza del water e confrontarsi con la placida superficie dell’acqua sul fondo, soprattutto quando per la terza volta in breve tempo lo stomaco si sforza di espellere qualcosa, pur non avendo più niente dentro. Questo è ciò che fa Ludwig; se non può prendervi niente, vi prenderà quel niente, semplice”. Durante la lettura è utile, a mio avviso, invertire il punto di vista: leggere quanto dice la voce narrante, ma provare a vedere la

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Ludwig di David Albahari

Una giornata sbagliata per l’informazione online

La giornata di ieri, per l’informazione italiana, è stata una giornata sbagliata; e non lo è stata soltanto perché ha visto consumarsi un vero e proprio atto di censura della libertà di espressione – chi non ne fosse informato può trovare da queste parti ( Piovono Rane , Sul Romanzo e Punto Informatico ) tutte le informazioni relative al caso – ma soprattutto perché quest’azione censoria ad opera di Google si è svolta nell’indifferenza generale. Ma ricapitoliamo brevemente: qualche mese Morgan Palmas aveva pubblicato sul sito Sul Romanzo un post che denunciava un presunto plagio, da parte di una professoressa – Miriam Turrini – dell’Università di Sassari, della tesi di Maria Antonietta Pinna, di cui la Turrini fu correlatrice . Le reazioni degli interessati alla pubblicazione di questo post non si sono fatte attendere e, tra i commenti all’intervista rilasciata dalla Pinna a Palmas, si possono trovare alcune tra le peggiori dimostrazioni di insolenza e di arroganza da parte del professor Brizzi, relatore della tesi di Maria Antonietta Pinna. Ma il nocciolo del problema non sta certo nella bassezza dei commenti del prof. Brizzi, né nelle denunce incrociate che la Pinna e la Turrini si sono scambiate – una per plagio, l’altra per diffamazione – queste sono cose che capitano ogni giorno in Italia. E purtroppo non sta neppure in quello che è successo ieri al sito di Morgan Palmas, la censura dei post in questione (in particolare questo , non più raggiungibile), perpetrata con una leggerezza e un’agilità spaventose da Google. Il vero nocciolo del problema, almeno a mio parere, è, da una parte, l’assoluta indifferenza che ha circondato questa spiacevole pagina della storia informatica del nostro paese, e, dall’altra, l’altrettanto assoluta precarietà delle basi su cui ogni giorno appoggiamo le nostre chiappe virtuali, basi su cui oltre alle chiappe poggiamo quotidianamente la nostra illusione di libertà – di informazione, di espressione, di critica – ma basi che in fondo sono solide e sicure come la banchisa antartica all’epoca del riscaldamento globale. E …

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