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Ludwig di David Albahari

Si viene assorbiti totalmente dalle pagine di Ludwig , testo di David Albahari, scrittore serbo tra i più apprezzati, edito recentemente da Zandonai . Il soliloquio dell’anonimo protagonista si basa tutto sul confronto-scontro tra lui e Ludwig, scrittore di best-seller ormai senza più idee ma sempre venerato da molti. La penna di Albahari riesce a vergare pagine intense in cui esplode tutta la solitudine e la rabbia del narratore per il suo ruolo subalterno nei confronti di Ludwig, narratore che, quasi come ultimo sberleffo, non ha nemmeno un nome, lui che è più bravo di Ludwig a scrivere ma che non ha mai avuto il suo successo: “La tazza del gabinetto è la misura massima della solitudine che può cogliere all’improvviso una persone. Non c’è nulla di più solitario e doloroso del chinarsi sulla tazza del water e confrontarsi con la placida superficie dell’acqua sul fondo, soprattutto quando per la terza volta in breve tempo lo stomaco si sforza di espellere qualcosa, pur non avendo più niente dentro. Questo è ciò che fa Ludwig; se non può prendervi niente, vi prenderà quel niente, semplice”. Durante la lettura è utile, a mio avviso, invertire il punto di vista: leggere quanto dice la voce narrante, ma provare a vedere la

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Ludwig di David Albahari

Due, di Irène Nemirovsky

L’eterno dissidio tra la passione e l’amore coniugale, è questo il perno su cui ruota il romanzo di Irène Nemirovsky . E l’autrice sembra propendere alla fine dei giochi per la vita di coppia, “ conquistata a fatica, accumulata lentamente, distillata come un miele .” La vita a vent’anni è facile e piena di gioia, soprattutto se si vive a Parigi e si proviene da famiglie abbienti. Lo sanno bene i rampolli dei Carmontel e dei Segré, trascinati giorno dopo giorno in un turbine di feste, storie di piacere e bevute tra amici. Ma gli anni passano e presto o tardi si ritovano tutti a fare i conti con le convenzioni sociali: il fidanzamento, il matrimonio, gli affari. Dietro un’apparenza perfetta nessuno però riesce a far tacere la verità, quella che urla forte tra le pareti della scatola cranica, inudibile all’esterno dove tutto è quiete e indifferenza. Ognuno dei personaggi conosce l’altra faccia della medaglia, ma continua a rivestire il proprio ruolo di moglie, marito, amante in maniera impeccabile. Con una lucidità sorprendente e a tratti agghiacciante, la Nemirovsky analizza le relazioni umane servendosi di un coltello affilato per rimuovere la glassa di romanticismo di cui si è soliti ricoprire sentimenti quali l’amore, l’amicizia, i legami di sangue. Ecco che allora l’amore tra moglie e marito diventa comprensione, rifugio, conforto, assenza di curiosità e l’amicizia un insieme di ricordi sbiaditi, dal sapore amaro. Il messaggio alla fine arriva forte e chiaro: “ La passione sembra un dono di Dio, troppo bello per essere vero &#

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Una canzone che ti strappa il cuore, di Joseph O’Connor

«Sono cresciuto a circa un miglio dalla vecchia casa dove John Synge e sua madre trascorsero i loro ultimi, difficili anni: una casa che compare alcune volte in questo romanzo. Da bambino spesso ci passavo davanti e mi faceva un po’ paura: a volte mi chiedevo di quali storie potesse essere stata testimone» . Così scrive Joseph O’Connor nei ringraziamenti in calce al suo ultimo, bel romanzo: Un canzone che ti strappa il cuore , appena edito da Guanda, traduzione di Massimo Bocchiola. Queste sue parole in un certo qual modo ci autorizzerebbero a definire il romanzo, se vogliamo, una biografia immaginaria, dato che si tratta di personaggi storicamente esisti: John Synge, genio del teatro irlandese, che insieme a un altro genio, Yeats, fonda l’Abbey Theatre di Dublino, e l’attrice Molly Algood (al secolo, Marie O’Neil). Ma è prima di tutto un romanzo ‒ e in quanto tale può permettersi alcune libertà sulla verosimiglianza della storia, e di fatto lo fa ‒, che racconta una storia d’amore, per l’appunto, quella tra Synge e Molly. Tutt’altro che facile da vivere, questo amore, perché a contrastarlo e a renderlo invivibile ci si mettono le rigide convenzioni sociali dell’epoca edoardiana, incarnate dalla terribile, e temibile figura della madre di Synge. Una madre plasmata e tenuta sotto scacco dalla religione. A raccontare la storia è un narratore molto vicino a Molly, al punto che spesso la tratta con una familiarità e un’affezione tale da parlarle direttamente, di avvicinarsi a lei fino usare la seconda persona. Purtroppo, quando facciamo la sua conoscenza, Molly è ormai una vecchia attrice dimenticata, vive sola in un cadente appartamento nella Londra di inizio anni ‘50 e l’unica consolazione è l’alcol; non sente sua figlia da mesi, da quando cioè ha litigato con il genero, …

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Il calore del sangue, di Irene Nemirovsky

“…l’amore sai…alla mia età il sangue non arde più, e si ha freddo”. Il calore del sangue è quello che si avverte a vent’anni, qualcosa che brucia nelle vene durante la giovinezza: la passione, cieca, irresponsabile, che guida le scelte della propria vita, a volte in senso distruttivo. E che abbandona le vene una volta che si arriva alla vecchiaia. Dopo i tre racconti di Suite francese, Il calore del sangue è il mio romanzo di Nemirovski preferito. Una storia ‘complicata’ delle passioni che scuotono le vene di Colette, figlia di Helene e Francois. Loro sono una coppia ‘da favola’, sembrano nati per stare insieme: innamoratisi da giovani, Helene si era sposata ad un uomo anziano quando Francois era dovuto partire. Ma Francois ha aspettato Helene, e l’ha sposata, una volta che la ragazza è rimasta vedova. Colette, la loro figlia, non riesce a realizzare il suo esempio: il matrimonio apparentemente perfetto col suo irreprensibile marito mostrerà infatti delle crepe. Testimone di questo è l’anziano cugino di Helene, Silvio, che si trova al centro delle complicate vicende sentimentali di Colette, trovandosi a fare da mediatore fra lei, la …

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