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L’onore perduto di Isabella de’ Medici, di Elisabetta Mori

Isabella de’ Medici è stata al centro di interesse per l’ultimo mezzo millennio, dalla fine del ‘500 ad oggi, ma soprattutto è stata al centro di equivoci e leggende che ne hanno trasfigurato l’essenza e la vera natura. Il padre Cosimo de’ Medici la dà in sposa a Paolo Giordano Orsini, duca di Bracciano, entrambi giovanissimi, per ovvie questioni politiche e di potere. Ciononostante, in modo del tutto inaspettato, tra i due sembra scoppiare l’amore e, almeno all’inizio, vivono un vero e proprio idillio. Ma la situazione economica degli Orsini inizia l’inesorabile decaduta nel momento in cui, per volere di Cosimo, Giordano rinuncia, come avevano fatto tradizionalmente i suoi avi, ad appoggiare i francesi a favore della Spagna. Sarà la sua dannazione. Gli spagnoli non si fideranno mai di lui, i francesi lo allontaneranno, i papi prima lo sosterranno…

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L’Italia dei comuni, di François Menant

Nell’anno in cui si celebrano i 150 anni dall’Unità d’Italia – anno, questo, in cui, tra le altre cose, è stato approvato il federalismo municipale –, un grande storico francese come François Menant pubblica, per i tipi di Viella, un libro molto utile – oltre che bello, come al solito molto documentato e di godibile lettura – dal titolo: L’Italia dei comuni . Lo storico ripercorre due secoli e mezzo fondamentali per la costruzione del paese che troverà l’unificazione soltanto nel 1861, prima di allora, si sa, l’Italia era una costellazione di piccoli stati; Menant ripercorre precisamente i secoli che vanno dal 1100 al 1350 circa, ovvero fino alla peste del 1348 che, come altrove in Europa, segna la fine di un ciclo socio-culturale e politico che nel vecchio continente non ha avuto eguali. Il fenomeno comunale inizia con una forte concentrazione urbana in poche città del centro e del nord Italia. Il che, inevitabilmente, si trascina dietro anche una concentrazione di ricchezze che consente ai commercianti di creare una rete commerciale e bancaria e di modellare le circostanti zone agricole. «La creatività politica delle città italiane» dice Menant, «non è meno forte del loro dinamismo economico: è qui che il modello della repubblica cittadina, una forma di governo che viene sperimentata nel corso del medioevo anche altre regioni europee […], raggiunge la sua pienezza istituzionale, fondata sull’indipendenza nei confronti di ogni altro potere». «Una società dotata di una così forte creatività» continua Menant, «e che conosce trasformazioni tanto profonde in ogni campo non può che essere aperta alla mobilità sociale: ad essa è connaturata la valorizzazione della ricchezza e della cultura come criteri di riconoscimento». Le tante città del centro-nord, con documenti chiese palazzi e monumenti, sono lì a…

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La gente che sta bene, di Federico Baccomo "Duchesne"

Si ricorderà Studio illegale di Duchesne, libro di un certo successo uscito l’anno scorso, tanto che è in preparazione un film con Fabio Volo. Bene, Duchesne, alias Federico Baccomo, l’ha spuntata anche con il secondo libro: La gente che sta bene , uscito sempre per i tipi di Marsilio, è un libro divertente – i dialoghi sono semplicemente spettacolari – e politicamente scorretto. Arrogante, logorroico e cinico, Giuseppe Sobreroni – protagonista e voce narrante di una storia che gli appartiente pienamente – ha ricevuto un bel po’ di cose dalla vita e non si deve vergognare ad ammetterlo: è un avvocato di successo, ha una bella famiglia, un appartamento altrettanto magnifico e soprattutto ha in programma un futuro ancora più radioso. «Vede» dice a un giornalista che lo sottopone a un’intervista per una testata specializzata, «io non sono poi così d’accordo con questa distinzione, vita privata-vita pubblica, lavoro-tempo libero. Trovo che i compartimenti stagni facciano male agli equilibri. […] Possono funzionare in circostanze precise […] La vita, per rimanere dentro la metafora, io la vedo come un grande loft, senza divisori. Oggi è domenica pomeriggio? Io me ne frego e vado in studio a lavorare a contatto con grandi maneger. È martedì mattina? E io sono a pescare al lago con la famiglia. Le tre di notte? Io faccio una conference call con il Giappone […] Confondo, mischio, faccio come mi pare […]». È esattamente quello il problema: fa ciò che vuole, con la sua vita e con quella degli altri pur di raggiungere il suo obiettivo. Il brutto, però, è che il sistema funziona, …

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La mia stirpe, di Ferdinando Camon

Il protagonista – lo stesso Camon – de’ La mia stirpe , appena uscito per Grazanti, viene svegliato nel cuore di una domenica notte da una telefonata che notoriamente, quando squilla a quell’ora, non porta mai buone notizie. Il padre è finito in ospedale a causa di un ictus con conseguente paralisi, ma, grazie a un alfabeto, riesce a comunicare al figlio più grande il suo ultimo desiderio: vuole vedere il papa. Lo voleva suo padre, lo vuole lui. «”La guerra è una strage inutile” diceva il Papa di mio nonno, Benedetto XV, e mio nonno faceva un voto: Se sopravvivo, vado a Roma a trovarlo”». È questa la molla che fa partire la storia. Apparentemente si tratta di raccontare del nonno, dell’amore dei suoi genitori e, in qualche misura, di lui stesso e i suoi figli. La sua stirpe, appunto. «Nostro padre era stato in guerra su diversi fronti, Grecia e Jugoslavia, ma aveva inventato mille astuzie contadine per non sparare e farsi rimandare a casa, e alla fine c’era riuscito con l’astuzia più contadina di tutte: aveva già tre figli, e al fronte, in prima linea, si iniettò dell’acqua infetta in un ginocchio, il ginocchiò si infiammò, gli diedero una licenza, durante la licenza mise incinta la moglie, e quando nacque il quarto figlio fu congedato, in base a una legge Mussolini». Con uno stile asciutto, essenziale e, in questo senso, implacabile, quello che Camon ci racconta è il Novecento tutto: due guerre devastanti e tragicamente stupide, una fatta in nome di «Avanti Savoia!» e l’altra in nome del duce; i partigiani e tutto quanto ne è seguito; «nei libri, le battaglie hanno nomi che i soldati non conoscono. I soldati, meno sanno meglio combattono»; racconta la fine di un mondo prevalentemente contadino e tenace che continua in un altro, molto meno nobile, il nostro. Insomma, la verità è

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