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Un ricordo di Fabrizio De Andrè, poeta, a tredici anni dalla sua morte

Quasi non mi sembra vero che siano passati già tredici anni da quel mezzogiorno d’inizio gennaio, quando, rientrato da scuola, seppi da un telegiornale che ricordo tristissimo, della prematura morte di Fabrizio De Andrè. Era l’11 gennaio del 1999 e con la morte di De Andrè se ne andava uno dei pezzi più importanti della musica italiana d’autore, ma anche della poesia. Sì perché Faber, come amano chiamarlo i fan, era a tutti gli effetti un poeta, molto più che un musicista. Basta ascoltare canzoni come Recitativo, Canzone del padre, Sogno numero due o Parlando del naufragio della London Valour. Testi memorabili, da pelle d’oca, costruiti intrecciando parole, creando senso dove senso, apparentemente, non c’era. In queste ora ho visto e letto migliaia di messaggi su altrettante bacheche – da Facebook a Twitter – perché tantissime sono le persone a cui Faber manca, visceralmente. Ho letto anche qualcuno lamentarsi di un fantomatico “deandreismo”, che simile al recente “giorgiobocchismo”, avrebbe contagiato viralmente la comunità degli internauti, accorsi a rendere omaggio al poeta genovese. In ogni caso, sprecare le parole è un peccato, il che diventa addirittura reato quando a disposizione ci sono quelle di un grande poeta come De André. Per questo smetto di blaterare e vi lascio con le parole di una delle sue canzoni, una delle più poetiche e profonde, si intitola Recitativo e le ultime due strofe sono perfette per ricordare Faber: Uomini cui pietà non convien sempre male accettando il destino comune, andate, nelle sere di novembre, a spiar delle stelle al fioco lume, la morte e il vento, in mezzo ai camposanti, muover le tombe e metterle vicine come fossero tessere giganti di un domino che non avrà mai fine. Uomini, poiché all’ultimo minuto non vi assalga il rimorso ormai tardivo per non aver pietà giammai avuto e non diventi rantolo il respiro: sappiate che la morte vi sorveglia gioir nei prati o fra i muri di calce, come crescere il…

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"Prontuario per il brindisi di capodanno" di Erri De Luca

Sulla spuma del mare con Erri de Luca. Sono gli auguri di un grande scrittore che ha respirato Napoli, che aprono questo 2012. Il suo è un brindisi che ci dice a cosa alzarlo quel calice, un fiume di parole che attraversa le labbra di Fabio Volo e arriva dritto alle dita che lo stringono quel bicchiere. Un “Prontuario per il brindisi di capodanno” che pensa un po’ a quelli che non sono pensati. Un decalogo impossibile che guarda ai dimenticati. In una parola un augurio, che arriva dal fondo oscuro del mondo! Bevo a chi è di turno, in treno, in ospedale, cucina, albergo, radio, fonderia, in mare, su un aereo, in autostrada, a chi scavalca questa notte senza un saluto, bevo alla luna prossima, alla ragazza incinta, a chi fa una promessa, a chi l’ha mantenuta, a chi ha pagato il conto, a chi lo sta pagando, a chi non è invitato in nessun posto, allo straniero che impara l’italiano, a chi studia la musica, a chi sa ballare il tango, a chi si è alzato per cedere il posto, a chi non si può alzare, a chi arrossisce, a chi legge Dickens, a chi piange al cinema, a chi protegge i boschi, a chi spegne un incendio, a chi ha perduto tutto e ricomincia, all’astemio che fa uno sforzo di condivisione, a chi è nessuno per la persona amata, a chi subisce scherzi e per reazione un giorno sarà eroe, a chi scorda l’offesa, a chi sorride in fotografia, a chi va a piedi, a chi sa andare scalzo, a chi restituisce da quello che ha avuto, a chi non capisce le barzellette, all’ultimo insulto che sia l’ultimo, ai pareggi, alle ics della schedina, a chi fa un passo avanti e così disfa la riga, a chi vuol farlo e poi non ce la fa, infine bevo a chi ha diritto a un brindisi stasera e tra questi non ha trovato il suo. (Erri De Luca, L’ospite incallito , Einaudi, Torino…

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Il libro digitale, simbolo del cambiamento o segno dell’apocalisse letteraria?

Che il mondo non si divida unicamente tra “apocalittici e integrati” (secondo la sempreverde definizione di Umberto Eco), lo avevamo già capito da tanto tempo, ma ciò non toglie che il fronteggiarsi diretto di due posizioni estreme sia caratteristica ancora presente ai giorni nostri, dove persino l’equazione più giovane=integrato si capovolge. Un esempio eccellente di vis-à-vis calato nella realtà del libro digitale ce lo danno due scrittori contemporanei: Apocalittico : il “pessimista edonista” Frédéric Beigbeder , classe 1965, accanito oppositore della letteratura digitalizzata, che nel suo “Premier Bilan après l’apocalypse” , non esita a gridare “alla morte del romanzo” che seguirà inevitabilmente quella del supporto cartaceo che lo contiene: La lettura di un romanzo richiede del tempo, una poltrona e un codice (inteso come oggetto, libro rilegato del quale girare le pagine): provate a leggere A l’ombre des jeunes filles en fleurs cliccando su un iPad e poi ne riparleremo. Coloro che hanno concepito il libro elettronico credono così poco al romanzo che il testo di Proust…

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La schiuma dei giorni di Boris Vian

E’ il solito libro che ti casca letteralmente nelle mani. Uno di quelli che magari hanno messo come lettura antologica di tua nipote che frequenta il liceo, uno di quelli che giaceva nel fondo della libreria da talmente tanto tempo che nessuno ne aveva più memoria, uno di quelli che devi leggere almeno tre volte nella vita, meglio se ad intervalli ventennali, insomma. Per Gianni Mura (ne La Repubblica – L’Almanacco dei libri del 16 aprile 2005 ) – Nella premessa al libro Vian dichiara: «La storia è interamente vera, perché io me la sono inventata da capo a piedi» – e nessuna affermazione potrebbe applicarsi meglio al testo. Si può rendere leggera una storia tragica e tragica una storia leggera. Boris Vian fa entrambe le cose ne La schiuma dei giorni. Compie e ricompie la sua operazione migliaia, forse milioni di volte nel corso dello stesso romanzo. Tre protagonisti dai nomi che cominciano per quella stessa c che da inizio alla parola catastrofe. Una giovinezza spensierata di un giovane rampollo parigino, fatta di starni strumenti musicali e di invenzioni strampalate, fatta di passeggiate da

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