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I racconti del Faro di Matteo Abbate

La poetica favola di un mulino sognava di diventare faro. C’è un sottile venticello di incanto ne “I racconti del Faro” di Matteo Abbate , storie brevi che restano nella memoria di chi le legge e ancor più di chi le narra. La vita a mungere grani e respirare nuvole di candida farina non bastava all’avventuroso piccolo mulino. Desideroso di grandi imprese si spingeva ad immaginare la sua vita salmastra di punti di riferimento marittimo. Lui che sognava un presente di speranzosa ancora per marinai e vascelli sballottati dalla tempesta si ritrovò ad attendere e progettare le fasi di una complessa trasformazione. Via le pale spazio agli strumenti funzionali di un vero faro. Seguendo i saggi consigli del Vecchio Grillo e interpellando direttamente la potenza del Mago Pellicano, l’unico capace di procedere alla necessaria reinterpretazione, il piccolo mulino mutò se stesso in un bel faro bianco splendente, con le sue strisce rosse, l’oblò e tutto il resto… Adesso il piccolo mulino sapeva come fare a fare il faro: acqua, sale, un relitto sul fondale, un soffio da portento, tre scogli neri, cavalloni e giganti cavalieri, l’abisso buio, una barchetta, una luce profonda, una preghiera per la rotta. Quanti ingredienti per questa ricetta! Occorrerà un grande

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I racconti del Faro di Matteo Abbate

Erri De Luca ritorna al mare con la Storia di Irene

C’è il mare, il sale e qualche stralcio di storia familiare nell’ultimo libro di Erri De Luca. Una favola marittima e mediterranea quella della “Storia di Irene” , testo settembrino del pescatore Erri De Luca . Al suo interno gli aspri e magnifici paesaggi costieri della Grecia offrono a colui che si definisce alternativamente “raccoglitore” o “spigolatore” di storie, il difficile ed affascinante compito di raccontare la vicenda di una giovinetta di quattordici anni. Figlia del mare e sorella dei delfini, Irene non usa parole, ma parla attraverso la forza dei gesti, l’intensità dei suoi sguardi acquatici, che attraversano chiunque le stia di fronte. Dopo “I pesci non chiudono gli occhi” , un’altra avventura marittima, che segue le correnti dell’atavica eredità che appartiene in maniera costitutiva all’uomo De Luca, allo scrittore e anche a gran parte dei suoi lettori, anch’essi figli di un mare nostrum che racchiude nelle sue onde quella ricchezza che le signore napoletane d’altri tempi auguravano ai fanciullini audaci, ma anche altri echi, quelli della lontana America che ha lasciato nelle sue vene materne alcuni tratti, e soprattutto le voci del ‘900, ricordi di guerra, di stalle, di freddo e di profonde amicizie. Nel greco imparato al liceo esisteva la parola eirene, a indicare una pace. Le dettero quel nome dopo la tempesta. Il mio invece è un nome buffo, strapazzato nel passaggio da uno zio che sapeva portarlo, a me che l’ho ammaccato. Non l’ho esposto al ridicolo, ma alla malora sì. Ora è un nome di fortuna. Accompagna qualche titolo di libro, più da autista che da autore. Faccio il conducente di storie. Le prime ventuno pagine al link in calce. “Storia di Irene” di Erri

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Recensione di Il cielo è dei potenti di Alessandra Fiori

Un romanzo sugli aspetti più umani e nascosti del potere, la storia di un uomo consapevole e forse per questo ancora più sofferente per una vita passata di corsa. A scansare gli altri -e l’amore- in nome dell’arrivismo. Oggi parliamo di un romanzo a metà tra la politica e i sentimenti, una storia, quella di Il cielo è dei Potenti (edizioni E/O) che Alessandra Fiori ha dipinto attraverso la lente del ricordo. Il protagonista è un uomo di potere, che in seguito a un incontro fortuito con il primo amore della sua vita, vede squarciarsi il sipario della memoria. Ecco l’incipit: L’ho riconosciuto subito. Era quasi buio, la pioggia tagliava la luce dei lampioni e non lo vedevo da oltre quindici anni, ma l’ho riconosciuto subito. Il collo prominente, le braccia lunghe, l’agitarsi delle mani che cercavano di aprire l’ombrello. C’era la strada a dividerci, per non dire del resto, il suo odore però mi pareva di sentirlo. Tabacco e colonia di quarta. “C’è puzza di Guido” ci dicevamo ridendoci sopra. In realtà, già negli ultimi tempi della nostra ingloriosa amicizia, Guido era passato ai sigari e a ben altri dopobarba. Ma è così che succede, li senti nell’aria quelli inesorabilmente destinati a segnarti l’esistenza. Per questo mantenevamo una sottile distanza. Da ragazzini, almeno. L’incontro con l’amico Guido (e con la donna amata un tempo), accuratamente evitato a lungo, fa piombare il protagonista nella dimensione solitaria del guardarsi indietro, lo fa uscire dalla sua bolla di ambizione e presunta sicumera; si ripercorre la sua adolescenza negli anni ‘50, la parrocchia, il campo da calcio, le abbuffate al mare, la madre petulante e il padre camminatore per il quale i piedi erano il motore del cervello . E poi la scoperta di un senso della giustizia, e l’avvicinamento alla politica alla scoperta del mondo dei comizi, delle liste, delle manifestazioni. E degli eventi cruciali della Prima Repubblica. Nella…

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Eroi esauriti: intervista a Davide Lisino

Siamo tornati sulle tracce dell’autore di Eroi esauriti – di cui abbiamo parlato proprio qualche giorno fa-, Davide Lisino, che naturalmente ci parla del suo ultimo romanzo, del suo Garibaldi e ci fa anche entrare nel suo mondo narrativo (che spesso e per ragioni diverse si scontra con quello esterno), svelando così uno scrittore molto più complesso di quanto si possa immaginare. Perché hai sentito l’esigenza di scrivere un libro proprio su Garibaldi? In realtà la molla che mi ha spinto è stata quella di scrivere una storia di avventura con molti elementi western, ma con un eroe totalmente italiano. Sergio Leone al cinema ha cambiato per sempre il western, ma il suo protagonista senza nome interpretato da Clint Eastwood…

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