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Enzo Tortora nel racconto di Daniele Biacchessi

Sono passati poco più di tre decenni dalla spirale infame che ha avvolto Enzo Tortora , Daniele Biacchessi, narra la sua storia. Trent’anni giusti. Troppo pochi per dimenticare una vicenda stretta tra tre date chiave, il 17 giugno 1983, quando viene arrestato per le accuse di tre camorristi, il 1987 anno dell’assoluzione in Cassazione e, solo qualche mese dopo, il 18 maggio del 1988, la morte, avvenuta a neanche sessant’anni nella sua casa di Milano. Questi gli angoli intorno ai quali Daniele Biacchessi , caporedattore per Radio24 – Il Sole 24 Ore, intreccia le dimensioni di una vita passata velocemente dalla gloria all’accanimento. Avrebbe forse avuto ottantacinque anni tra qualche giorno Enzo Tortora , se solo ci fosse arrivato, se solo fosse vissuto più a lungo… A raccontarne le gesta, i successi di “Portobello” e “Campanile Sera”, un libro schietto, che non si priva del piacere di procedere per flashback illustrando un Italia che non non esiste più. Un paese ancora timido, reso euforico dal boom economico, eppure ancora dominato da una forte etica del lavoro, che amava distrarsi dinanzi ad una scatola piena di musica, frasi e poi anche colori. Una nazione che proprio nella televisione si riconosceva e sognava. Leggendo e interessandosi alla vicenda giudiziaria di Enzo Tortora è difficile non pensare alla “macchina del fango” di Roberto Saviano . Le accuse di spaccio di cocaina e i presunti legami con importanti esponenti della criminalità organizzata nelle quali è stato letteralmente immerso il giornalista e presentatore italiano puzzano di stantio e sembrano riunire, in maniera quasi eccezionalmente limpida, tutte quelle caratteristiche che costruiscono il “piano regolatore” (nonostante possa apparire ironico l’utilizzo di tale definizione per riferirsi ad un meccanismo della vergogna costruito per oscurare la reputazione di gente scomoda) di quelle che possono e devono essere considerate come autentiche campagne di diffamazione, condotte con una ferocia ed un astio esemplare e dirette allo scopo: coprire la vittima designata di disprezzo, provocarne l’alienazione, come…

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Enzo Tortora nel racconto di Daniele Biacchessi

Almost Blue: un classico di Lucarelli per Halloween

Lucarelli da brividi per la giornata più inquietante dell’anno. Ritrovarsi tra le pagine di “Almost Blue” , precisamente ad Halloween è un bel modo per immergersi in un’atmosfera da brividi. Pizzichi sulla schiena che arrivano dritti dritti dalle parole di un maestro italiano del genere, come Carlo Lucarelli , incastonate in un contesto urbano familiare, quello di Bologna , che potrebbe però assomigliare anche ad altre città. Una città gremita di studenti e conosciuta per la sua apertura, nella quale irrompe un elemento di disturbo. Di terrore. E’ l’iguana, serial killer spietato e preciso, che consuma ad ogni delitto la sua nemesi, assumendo le sembianze della sfortunata vittima, sfigurata in un sanguinario e violento rituale di appropriazione. Preoccupante virata spietatamente efficace, prodotta da un passato di abbandono e sopraffazioni, che chiama in causa Grazia Negro, una giovane ispettrice dal grande intuito costretta a confrontarsi con un ambiente quasi esclusivamente maschile. Al suo fianco una squadra un po’ titubante, e Simone Martini, un ragazzo cieco che, guidato dall’incredibile sensibilità del suo udito e dalla musica di Chet

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Almost Blue: un classico di Lucarelli per Halloween

A mani nude di Stefano Martufi

Pochi uomini e pagine scarne, per descrivere un mondo violento, con qualche sprazzo d’amore. “A mani nude” di Stefano Martufi , in un fluido di esistenze incastrate. Le parole sono secche come la vicenda descritta, un mix di amore e di dolore, di sopravvivenza e di urla taciute. C’è Narcos , con il nome che è già tutto un programma, la vita e guerra, somma metafora che spinge tutti ad esercitare strategie strategie di sopravvivenza. La resistenza di un pugile, della sua Lisa che fatica a tenersi dentro un figlio, dei compagni di guerra caduti stupidamente, delle speranze infrante e dei loro amori. Poche pagine per intrecciare storie, poche frasi per descriverne i personaggi. Anime fiere che tirano avanti nonostante tutto in un paesaggio che possiamo solo immaginare altrettanto spoglio, consolato da qualche sparuto prato e corpi che attendono una tregua: Io potevo salvarlo, Andrea. Davvero Capitano

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A mani nude di Stefano Martufi

Recensione di Marina Bellezza di Silvia Avallone

Il secondo romanzo dell’autrice biellese divenuta famosa con Acciaio, è la storia di amore tra due trentenni al tempo della crisi. Tra le pagine, nascono quesiti fondamentali: quali sono i valori dominanti e quali i vincenti? E ancora, esiste veramente l’amore per sempre? Anche il secondo romanzo di Silvia Avallone, Marina Bellezza , è presto diventato un habitué delle classifiche di vendita italiane; vi avevamo dato un’anticipazione in questo post , a proposito del nostro incontro con l’autrice ed ora ecco cosa pensiamo del libro. La storia è quella di un amore contemporaneo che sotto la superficie dei bisogni indotti, mantiene valori dal sapore antico; starà al lettore decidere se si tratta di aspettative canoniche (l’età dei protagonisti, lo consente), se sia realistico oppure in fin dei conti, una bella ma improbabile fiaba post-moderna. Ma eccovi l’incipit del romanzo: Un chiarore diffuso risplendeva da qualche parte in mezzo ai boschi, a una decina di chilometri dalla strada provinciale 100 stretta tra due colossali montagne nere. Era l’unico segnale che una forma di vita abitava ancora quella valle, sul confine nudo e dimenticato della provincia… Appunto, il confine nudo e dimenticato della provincia è il perno centrale della vicenda, dove la provincia è simbolo a mio avviso, anche di una certa categoria di sentimenti; quelli che stanno a margine, secondari e ibridi. Ancestrali. Di norma non considerati, eppure presenti e attivi sul modo di relazionarci in un mondo dove la bussola è orientata sempre verso soldi, fama e successo. A volte semplicemente, verso il televisore . Che è il veicolo supremo per diffondere nuove abitudini e linguaggi; la tv è il finto e scintillante sfondo della storia, ma non vorrei qui demonizzarlo troppo questo oggetto, talmente diffuso da essere parte dell’inconscio collettivo. Il nuovo inconscio a cui il protagonista maschile si ribella, andando a gestire una fattoria di montagna e restando ancorato all’idea di un amore assoluto per quella donna lanciatissima…

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